venerdì 16 ottobre 2009

Ciancimino cercava Di Pietro: un tiro MANCINO della mafia ?

L’ex ministro Martelli ad Annozero
Martelli: «Borsellino sapeva della trattativa mafia-Stato»
Contatti dopo l'omicidio di Giovanni Falcone. Ciancimino jr: «Mio padre voleva incontrare Di Pietro»



ROMA — Dopo l’omicidio di Giovanni Falcone vi sareb­be stata una trattativa tra lo Stato e la mafia. E il giudice Paolo Borsellino ne sarebbe stato a conoscenza. È quanto sostiene ad Annozero Claudio Martelli, ex Guardasigilli del governo Andreotti.

Puntata in­candescente quella del pro­gramma di Michele Santoro. Il primo giallo a poche ore dalla trasmissione. Il leghista Roberto Castelli dà forfait e al suo posto spunta Niccolò Ghedini, avvocato di Silvio Berlusconi. In studio, a 24 ore dalla bocciatura del Lodo Alfa­no, c’è Antonio Di Pietro. E tra i due è subito lite, con Mi­chele Santoro che in apertura non rinuncia a denunciare le difficoltà: «Qui succede di tut­to, si arriva stremati. Rimpian­go non solo la Prima Repub­blica, ma anche i tempi del­l’editto bulgaro». Fuori dagli studi venti giovani del Pdl ma­nifestano: «Ci ha impedito di assistere». In trasmissione c’è Agnese Borsellino, moglie del magi­strato ucciso nella strage di via D’Amelio, ascoltata come persona informata sui fatti dai magistrati di Caltanisset­ta. Lancia un appello: «Ho tan­to meditato e dopo 17 anni chiedo in ginocchio ai collabo­ratori di giustizia, complici e non della strage di via D’Ame­lio, di far luce sui mandanti e su coloro che hanno voluto la strage annunziata». In studio c’è anche Massimo Ciancimi­no, figlio di Vito, già sindaco di Palermo.

Si comincia con il Lodo Al­fano.

Castelli fa sapere che la sua assenza non dipende da lui. Marco Travaglio spiega al­le agenzie: «Il direttore di Rai­due Massimo Liofredi ha fat­to presente che Michele non aveva scelto gli ospiti in mo­do equilibrato». Liofredi repli­ca: «Una semplice dichiarazio­ne interna». In studio si litiga. Di Pietro definisce Berlusconi un «delinquente». Ghedini re­agisce. Di Pietro spiega che lo diceva in senso tecnico, «di persona che delinque». Ghedi­ni urla: «Basta, è ora di finirla, è lei che ha commesso reati». La lite trascende. Dice Di Pie­tro: «Ma che, gli avete fatto uno spinello?». Replica: «Sa­ranno i suoi amici dell’estre­ma sinistra a fumare». Si torna alla mafia. Parlano l’inviato del Corriere Felice Ca­vallaro e Marco Travaglio.

Ed ecco Martelli

«Mi fu comuni­cato dal direttore degli Affari penali del ministero, Liliana Ferraro, che era venuta a tro­varla l’allora capitano Giusep­pe De Donno, che l’aveva in­formata che Vito Ciancimino aveva volontà di collabora­re». Si tratta di colloqui che lo stesso De Donno aveva già co­minciato con l’ex sindaco di Palermo. Sandro Ruotolo rife­risce poi che, secondo Martel­li, Borsellino fu avvertito di­rettamente dalla Ferraro della volontà di Ciancimino di trat­tare.

Capitolo Dell’Utri.

Ciancimi­no riferisce quanto gli avreb­be detto il padre, sui presunti rapporti con la mafia. Ghedi­ni: «La corte d’Appello di Pa­lermo ritiene le dichiarazioni di Ciancimino su Dell’Utri con­traddittorie». Ciancimino rive­la anche di avere documenti dai quali si deduce che il pa­dre Vito avrebbe chiesto, al­l’epoca, di incontrare l’ex pm. Perché? Di Pietro: «Non lo so, ora lo vengo a sapere. Io per un periodo fui pure fatto espa­triare in Costarica, con il no­me falso di Marco Canale».

Alessandro Trocino


mercoledì 14 ottobre 2009, 09:06
L’ex supercarabiniere: "Le bugie di Tonino sul caso Ciancimino"

estratto da IL GIORNALE


De Donno al Giornale giura di esser stato presente nel 1993, insieme all’ex Pm, a un interrogatorio di Ciancimino a Rebibbia: «Ad Annozero si è cercato di far passare un messaggio molto chiaro, che è stato condito con un pizzico di mistero quando Ciancimino junior ha detto che il padre aveva più volte chiesto di incontrare il dottor Di Pietro e che i pm palermitani glielo avrebbero impedito. A questa affermazione - precisa De Donno - Di Pietro si è meravigliato e lasciando intendere che questa cosa era estremamente importante e, chissà per quale motivo, nessuno gliel’aveva detto. Di Pietro dimentica però che proprio lui, all’epoca Pm di Milano, venne avvisato da noi del Ros della volontà di Ciancimino di incontrarlo e che venne ad interrogarlo nel carcere di Rebibbia nel ’93 alla mia presenza». L’ex ufficiale del Ros si chiede come mai Di Pietro non ricordi «neanche che giudicò non interessante l’interrogatorio di Ciancimino, che non diede alcun peso alle nostre richieste di non sottovalutare le potenzialità collaborative del Ciancimino, e che non diede corso ad altre ipotesi di attività».

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