venerdì 2 ottobre 2009

Deontologia e libertà di stampa viste dall'interno dell'Ordine dei Giornalisti


di Giorgio Prinzi




Gli organismi professionali dei giornalisti sono fortemente condizionati dalla egemone iniziativa politica e culturale della sinistra

Caro Presidente,

il Tuo stupito commento a come la sinistra abusi della libertà che in Italia è enunciata dalla Costituzione e dalle Leggi, ma è garantita proprio dal loro tanto vituperato Governo del Popolo della Libertà, mi spinge a fare alcune puntualizzazioni che avrei preferito evitare, perché mi coinvolgono in prima persona.

Come sai, tra le tante e forse eccessive attività, ho anche quella di giornalista pubblicista, la cui categoria rappresento nell’Ordine professionale come Consigliere Nazionale eletto nelle liste di Pubblicisti di Stampa Romana, di cui è leader il collega Gino Falleri.

Nell’ultima sessione del Consiglio Nazionale, tenutasi a Roma nei giorni 22 e 23 settembre 2009, è stato votato all’unanimità meno uno, cioè con il mio solo voto contrario, un documento di adesione alla famigerata manifestazione del 3 ottobre prossimo che stava addirittura per venire acclamato se il mio deciso intervento non avesse abortito l’applauso. Perché?

Si tratta di un documento molto squilibrato, in primaria funzione anti Berlusconi e a sostegno di un certo disinvolto modo di fare giornalismo che pure il Presidente Lorenzo Del Boca aveva stigmatizzato nel suo intervento, registrato per il Verbale, che introduceva l’argomento, ricevendone per questo da me approvazione nel dibattito, sempre registrato per il Verbale, che ne aveva fatto seguito. Contenuti altrettanto da me condivisi aveva espresso il Segretario Enzo Iacopino in una intervista ad “Avvenire” del 21 settembre 2009, quindi alla vigilia del Consiglio Nazionale in oggetto, il cui testo Ti invio in allegato, proponendone la ripubblicazione sul nostro sito, magari a seguito di questo mio intervento.

A rileggere il documento approvato, il cui testo integrale è consultabile sul sito dell’Ordine www.odg.it, una frase suona in maniera particolare involontariamente buffa «Ricorrere ai tribunali – soprattutto in procedimenti civili – chiedendo risarcimenti per milioni di euro si configura oggettivamente come un tentativo di intimidazione e di ricatto morale da parte di chi è titolare di un potere tanto più influente quanto più si sale nella gerarchia istituzionale». Cosa si intende, che il reintegro giudiziario di Michele Santoro per sentenza passata in giudicato con diritto inamovibile alla prima serata è scaturita dal «potere tanto più influente quanto più si sale nella gerarchia istituzionale», quindi un lungimirante favore fatto a Berlusconi e alla sua Coalizione dal momento che per la “legge del troppo” Santoro ottiene l’effetto contrario a quello che si propone?

Ed ancora, con quale faccia tosta abbiamo il coraggio di scendere in piazza a rivendicare una libertà ormai scaduta in licenza al di la di tutte le regole (di norma, di prassi, di deontologia) che dovrebbero garantire la sfera privata e soprattutto intima di chiunque in quanto persona, indipendentemente dalla funzione pubblica che essa ricopra? Siamo sicuri che la manifestazione del 3 ottobre non finirà con il ritorcersi contro la categoria ormai ridotta ad “escort”?

Questo vuol essere anche un appello ai colleghi di centrodestra, perché ritrovino la dignità della propria prospettiva e reagiscano al politicamente corretto dei colleghi di sinistra. Lo hanno fatto i radicali, libertari al parossismo e schierati nella Coalizione di centrosinistra, che hanno stigmatizzato la “goliardata” del 3 ottobre. Ai nostri però manca il coraggio. A votare contro sono stato solo, l’unico. Come agli atti, avrei votato il documento qualora fosse stato una enunciazione di principio, senza riferimento specifico al Presidente del Consiglio, e con un richiamo alla categoria contro gli eccessi plateali. Il Presidente Del Boca, nell’introduzione che aveva avuto il mio plauso, aveva affermato che un giornalista deve sapere anche quando astenersi e tacere. Di questo nel documento che gli altri hanno approvato non c’è traccia.

Certo, poi in privato alcuni si sono detti d’accordo con me, altri hanno giustificato la loro posizione con la necessità di dare forza unitaria al documento che comunque rivendicava un principio irrinunciabile. Ma c’è stato anche chi, in realtà dalla controparte politica, mi si è rivolto dicendomi «Dio vede tutto, ma non lo stesso Berlusconi», dimostrando in tal modo di non avere capito nulla, purtroppo senza speranza alcuna di ravvedimento.

Giorgio Prinzi

Roma: giovedì 1 ottobre 2009

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