Avrà pure dei genitori!
Uno dei macigni che ostacola lo sviluppo italiano è costituito dal DEBITO PUBBLICO, che esploderà dal 1979 e negli anni successivi.
Il giudizio su una classe politica non può esimersi dall'analisi dei numeri che ha lasciato ai posteri.
Il resto sono soltanto "chiacchiere".
la risposta la da Sergio Romano in risposta ad un lettore:
RispondiEliminasul Corriere della sera il 15/01/2008
Storia del debito pubblico italiano
Nel 1965, dopo l'impetuosa crescita economica degli anni precedenti, il debito pubblico ammontava al 35,02% del Pil (Prodotto interno lordo).
Da allora cominciò crescere, sia pure gradualmente, sino a toccare il 57,59% quindici anni dopo. Nel 1980, quindi, l'Italia aveva un debito pubblico inferiore al 60% del Pil e compatibile con i parametri che sarebbero stati fissati dal trattato di Maastricht nel 1992 per l'unificazione monetaria dei Paesi membri dell'Unione.
Ecco lo sviluppo della crescita negli anni seguenti.
Nel 1983 (governi Fanfani e Craxi): 69,93%.
Nel 1984 (governo Craxi): 74,40%.
Nel 1985 (governo Craxi): 80,50%.
Nel 1986 (governo Craxi): 84,50%.
Nel 1987 (governi Craxi, Fanfani e Goria): 88,60%.
Nel 1988 (governi Goria e De Mita): 90,50%.
Nel 1989 (governi De Mita e Andreotti): 93,10%.
Nel 1990 (governo Andreotti): 94,70%.
Nel 1991 (governo Andreotti): 98%.
Nel 1992 (governi Andreotti e Amato): 105,20%.
Nel 1993 (Amato e Ciampi): 115,60%.
Nel 1994 (governi Ciampi e Berlusconi): 121,50%.
Da allora il debito ha cominciato a scendere:
121,20% nel 1995 (governo Dini);
120,60% nel 1996 (governi Dini e Prodi);
118,10% nel 1997 (governo Prodi);
114,90% nel 1998 (governi Prodi e D'Alema);
113,70% nel 1999 (governo D'Alema);
109,20% nel 2000 (governi D'Alema e Amato);
108,70% nel 2001 (governi Amato e Berlusconi);
105,55% nel 2002 (governo Berlusconi);
104,26% nel 2003 (governo Berlusconi);
103,90% nel 2004 (governo Berlusconi).
Da allora ha ripreso a salire:
106,60% nel 2005 e 106,80% nel 2006.
I dati definitivi del 2007 sono migliori: qualche decimale in più del 104%.
Come vede, caro Borasio, è difficile attribuire la responsabilità del debito pubblico a un particolare governo o a un particolare uomo politico. Il vero colpevole è il sistema politico, una formula che esige continui patteggiamenti e compromessi, in cui ogni decisione comporta spossanti negoziati e viene raggiunta soltanto dopo una distribuzione di compensi a tutti coloro di cui è necessario ottenere il consenso. Speravamo che i costi della democrazia consociativa fossero stati drasticamente ridotti dal bipolarismo della «Seconda Repubblica», ma abbiamo dovuto constatare che l' eterogeneità delle coalizioni produce, nel campo della economia e della finanza, gli stessi danni dei governi della Prima Repubblica. Abbiamo fatto progressi considerevoli in materia di deficit perché è quello il dato su cui Bruxelles ha gli occhi puntati. Ma il debito pubblico è una roccia a cui nessun governo italiano, sinora, ha saputo dare un decisivo colpo di scalpello.
Romano Sergio
sul Corriere della sera il 15/01/2008
RispondiEliminaStoria del debito pubblico italiano
Nel 1965, dopo l'impetuosa crescita economica degli anni precedenti, il debito pubblico ammontava al 35,02% del Pil (Prodotto interno lordo).
Da allora cominciò crescere, sia pure gradualmente, sino a toccare il 57,59% quindici anni dopo. Nel 1980, quindi, l'Italia aveva un debito pubblico inferiore al 60% del Pil e compatibile con i parametri che sarebbero stati fissati dal trattato di Maastricht nel 1992 per l'unificazione monetaria dei Paesi membri dell'Unione.
Ecco lo sviluppo della crescita negli anni seguenti.
Nel 1983 (governi Fanfani e Craxi): 69,93%.
Nel 1984 (governo Craxi): 74,40%.
Nel 1985 (governo Craxi): 80,50%.
Nel 1986 (governo Craxi): 84,50%.
Nel 1987 (governi Craxi, Fanfani e Goria): 88,60%.
Nel 1988 (governi Goria e De Mita): 90,50%.
Nel 1989 (governi De Mita e Andreotti): 93,10%.
Nel 1990 (governo Andreotti): 94,70%.
Nel 1991 (governo Andreotti): 98%.
Nel 1992 (governi Andreotti e Amato): 105,20%.
Nel 1993 (Amato e Ciampi): 115,60%.
Nel 1994 (governi Ciampi e Berlusconi): 121,50%.
Da allora il debito ha cominciato a scendere:
121,20% nel 1995 (governo Dini);
120,60% nel 1996 (governi Dini e Prodi);
118,10% nel 1997 (governo Prodi);
114,90% nel 1998 (governi Prodi e D'Alema);
113,70% nel 1999 (governo D'Alema);
109,20% nel 2000 (governi D'Alema e Amato);
108,70% nel 2001 (governi Amato e Berlusconi);
105,55% nel 2002 (governo Berlusconi);
104,26% nel 2003 (governo Berlusconi);
103,90% nel 2004 (governo Berlusconi).
Da allora ha ripreso a salire:
106,60% nel 2005 e 106,80% nel 2006.
I dati definitivi del 2007 sono migliori: qualche decimale in più del 104%.
Come vede, caro Borasio, è difficile attribuire la responsabilità del debito pubblico a un particolare governo o a un particolare uomo politico. Il vero colpevole è il sistema politico, una formula che esige continui patteggiamenti e compromessi, in cui ogni decisione comporta spossanti negoziati e viene raggiunta soltanto dopo una distribuzione di compensi a tutti coloro di cui è necessario ottenere il consenso. Speravamo che i costi della democrazia consociativa fossero stati drasticamente ridotti dal bipolarismo della «Seconda Repubblica», ma abbiamo dovuto constatare che l' eterogeneità delle coalizioni produce, nel campo della economia e della finanza, gli stessi danni dei governi della Prima Repubblica. Abbiamo fatto progressi considerevoli in materia di deficit perché è quello il dato su cui Bruxelles ha gli occhi puntati. Ma il debito pubblico è una roccia a cui nessun governo italiano, sinora, ha saputo dare un decisivo colpo di scalpello.
Romano Sergio