UN INUTILE PARLAMENTO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 2 OTTOBRE 2018
Disposizioni in materia di lite temeraria
Onorevoli Senatori. – L'articolo 96 del codice di procedura civile, in materia di responsabilità aggravata, prevede che, qualora la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice – su istanza dell'altra parte – la condanni, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che viene liquidato, anche d'ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerti l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza.
L'articolo 45 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha aggiunto un comma in cui si prevede che, in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può condannare la parte soccombente anche al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata. La condotta sanzionata in questi casi è quella tipica dell'abuso, per mala fede o colpa, del diritto d'azione e presuppone naturalmente l'infondatezza della pretesa. Si è così introdotta nell'ordinamento, seppur in misura parziale, una forma analoga all'istituto del cosiddetto «danno punitivo». In data 28 ottobre 2014, nel corso dell'esame in Senato del disegno di legge n. 1119-B - recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione con il mezzo della stampa - è stato affrontato, per mutuare le parole utilizzate dalla relatrice sul provvedimento, il tema dell'uso a scopo intimidatorio della giustizia nel contesto delle diffamazioni a mezzo stampa, qualificandolo come un tema al quale la politica doveva fornire una seppur parziale risposta. Attraverso la riformulazione di uno tra i diversi emendamenti presentati in materia, nel caso di specie presentato dal senatore Casson, veniva approvata dall'Assemblea del Senato della Repubblica una modifica all'articolo 96 del codice di procedura civile consistente nel prevedere che, nei casi di diffamazione commessa con il mezzo della stampa o della radiotelevisione, in cui risulta la mala fede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza che rigetta la domanda, può condannare l'attore, oltre che alle spese di cui agli articoli 91 e 96 del medesimo codice, al pagamento a favore del richiedente di una somma in via equitativa. Nel corso del dibattito, lo stesso presentatore sottolineava come, una volta avviatisi sulla strada del doveroso riconoscimento della gravità delle querele temerarie, sarebbe stato opportuno non porre eccessivi limiti a una richiesta legittima da parte di chi subisce un sopruso così pesante, come la temerarietà di una querela tale da incidere pesantemente sull'attività del giornalista, tutelata dall'articolo 21 della Costituzione. Il testo approvato dal Senato ha dunque introdotto una ipotesi di responsabilità aggravata civile di colui che, in malafede o colpa grave, attiva un giudizio a fini risarcitori per diffamazione prevedendo che, su domanda del convenuto, il giudice – rigettando la domanda di risarcimento – possa condannare l'attore, oltre che al rimborso delle spese ed al risarcimento a favore del convenuto stesso, al pagamento in favore di quest'ultimo di una somma determinata in via equitativa. Nel prosieguo dell’iter, la Camera dei deputati individuava ulteriori parametri cui doveva attenersi il giudice nel pronunciarsi equitativamente, stabilendo il limite nella metà dell'oggetto della domanda risarcitoria, ampliandone l'ambito applicativo anche alle testate giornalistiche online.
Sebbene il disegno di legge in questione non abbia poi concluso il suo percorso con l'approvazione definitiva nel corso della legislatura – si trattava di un testo che, rivedendo le diverse fattispecie sanzionatorie relative alla diffamazione a mezzo stampa, eliminava per queste la pena della reclusione – il Parlamento si è comunque espresso sulla necessità che il giudice, nella determinazione della somma equitativamente determinata a carico della parte soccombente, dovesse tener conto dell'entità della domanda risarcitoria. Il presente disegno di legge, riprendendo i citati lavori delle Camere nella XVII legislatura con una parziale riformulazione contenuta in un articolo unico, è volto ad integrare il codice di procedura civile. Ne consegue che, nei casi di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, delle testate giornalistiche online o della radiotelevisione in cui risulta la malafede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza che rigetta la domanda, condanna l'attore, oltre che alle spese di cui agli articoli 91 e 96 del codice di procedura civile, al pagamento a favore del richiedente di una somma determinata in via equitativa. L'innovazione che il disegno di legge apporta rispetto alla formulazione approvata dalla Camera consiste sostanzialmente nel fissare un parametro preciso per il giudice, risultante nella liquidazione di una somma non inferiore alla metà dell'oggetto della domanda risarcitoria, al fine di scoraggiare eventuali domande risarcitorie non solo infondate ma anche palesemente esorbitanti, di natura intimidatoria nei confronti del giornalista. Data la rilevanza del tema e sulla scorta dei lavori parlamentari acquisiti negli ultimi anni, se ne auspica un celere e positivo esame.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. All'articolo 96 del codice di procedura civile, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Nei casi di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, delle testate giornalistiche online o della radiotelevisione, in cui risulta la mala fede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza che rigetta la domanda, condanna l'attore, oltre che alle spese di cui al presente articolo e di cui all'articolo 91, al pagamento a favore del richiedente di una somma, determinata in via equitativa, non inferiore alla metà della somma oggetto della domanda risarcitoria».