L’ex ministro Martelli ad Annozero
Martelli: «Borsellino sapeva della trattativa mafia-Stato»
Contatti dopo l'omicidio di Giovanni Falcone. Ciancimino jr: «Mio padre voleva incontrare Di Pietro»
ROMA — Dopo l’omicidio di Giovanni Falcone vi sarebbe stata una trattativa tra lo Stato e la mafia. E il giudice Paolo Borsellino ne sarebbe stato a conoscenza. È quanto sostiene ad Annozero Claudio Martelli, ex Guardasigilli del governo Andreotti.
Puntata incandescente quella del programma di Michele Santoro. Il primo giallo a poche ore dalla trasmissione. Il leghista Roberto Castelli dà forfait e al suo posto spunta Niccolò Ghedini, avvocato di Silvio Berlusconi. In studio, a 24 ore dalla bocciatura del Lodo Alfano, c’è Antonio Di Pietro. E tra i due è subito lite, con Michele Santoro che in apertura non rinuncia a denunciare le difficoltà: «Qui succede di tutto, si arriva stremati. Rimpiango non solo la Prima Repubblica, ma anche i tempi dell’editto bulgaro». Fuori dagli studi venti giovani del Pdl manifestano: «Ci ha impedito di assistere». In trasmissione c’è Agnese Borsellino, moglie del magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio, ascoltata come persona informata sui fatti dai magistrati di Caltanissetta. Lancia un appello: «Ho tanto meditato e dopo 17 anni chiedo in ginocchio ai collaboratori di giustizia, complici e non della strage di via D’Amelio, di far luce sui mandanti e su coloro che hanno voluto la strage annunziata». In studio c’è anche Massimo Ciancimino, figlio di Vito, già sindaco di Palermo.
Si comincia con il Lodo Alfano.
Castelli fa sapere che la sua assenza non dipende da lui. Marco Travaglio spiega alle agenzie: «Il direttore di Raidue Massimo Liofredi ha fatto presente che Michele non aveva scelto gli ospiti in modo equilibrato». Liofredi replica: «Una semplice dichiarazione interna». In studio si litiga. Di Pietro definisce Berlusconi un «delinquente». Ghedini reagisce. Di Pietro spiega che lo diceva in senso tecnico, «di persona che delinque». Ghedini urla: «Basta, è ora di finirla, è lei che ha commesso reati». La lite trascende. Dice Di Pietro: «Ma che, gli avete fatto uno spinello?». Replica: «Saranno i suoi amici dell’estrema sinistra a fumare». Si torna alla mafia. Parlano l’inviato del Corriere Felice Cavallaro e Marco Travaglio.
Ed ecco Martelli
«Mi fu comunicato dal direttore degli Affari penali del ministero, Liliana Ferraro, che era venuta a trovarla l’allora capitano Giuseppe De Donno, che l’aveva informata che Vito Ciancimino aveva volontà di collaborare». Si tratta di colloqui che lo stesso De Donno aveva già cominciato con l’ex sindaco di Palermo. Sandro Ruotolo riferisce poi che, secondo Martelli, Borsellino fu avvertito direttamente dalla Ferraro della volontà di Ciancimino di trattare.
Capitolo Dell’Utri.
Ciancimino riferisce quanto gli avrebbe detto il padre, sui presunti rapporti con la mafia. Ghedini: «La corte d’Appello di Palermo ritiene le dichiarazioni di Ciancimino su Dell’Utri contraddittorie». Ciancimino rivela anche di avere documenti dai quali si deduce che il padre Vito avrebbe chiesto, all’epoca, di incontrare l’ex pm. Perché? Di Pietro: «Non lo so, ora lo vengo a sapere. Io per un periodo fui pure fatto espatriare in Costarica, con il nome falso di Marco Canale».
Alessandro Trocino
mercoledì 14 ottobre 2009, 09:06
L’ex supercarabiniere: "Le bugie di Tonino sul caso Ciancimino"
estratto da IL GIORNALE
De Donno al Giornale giura di esser stato presente nel 1993, insieme all’ex Pm, a un interrogatorio di Ciancimino a Rebibbia: «Ad Annozero si è cercato di far passare un messaggio molto chiaro, che è stato condito con un pizzico di mistero quando Ciancimino junior ha detto che il padre aveva più volte chiesto di incontrare il dottor Di Pietro e che i pm palermitani glielo avrebbero impedito. A questa affermazione - precisa De Donno - Di Pietro si è meravigliato e lasciando intendere che questa cosa era estremamente importante e, chissà per quale motivo, nessuno gliel’aveva detto. Di Pietro dimentica però che proprio lui, all’epoca Pm di Milano, venne avvisato da noi del Ros della volontà di Ciancimino di incontrarlo e che venne ad interrogarlo nel carcere di Rebibbia nel ’93 alla mia presenza». L’ex ufficiale del Ros si chiede come mai Di Pietro non ricordi «neanche che giudicò non interessante l’interrogatorio di Ciancimino, che non diede alcun peso alle nostre richieste di non sottovalutare le potenzialità collaborative del Ciancimino, e che non diede corso ad altre ipotesi di attività».
venerdì 16 ottobre 2009
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