martedì 25 ottobre 2011

La Grecia non fallirà perchè è gia fallita. Ma TRICHET, che sa vedere a lungo, diceva che......

Così parlavano 18 mesi fa gli Zarathustra della finanza.

Trichet: «Conti italiani a posto e Atene non andrà in default»

dal corrispondente Beda Romano 9 aprile 2010
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FRANCOFORTE – La Banca centrale europea frena su un veloce allargamento della zona euro. Non lo fa esplicitamente, e soprattutto non punta il dito contro particolari paesi. Ma la crisi greca ha ricordato drammaticamente che la partecipazione all'unione monetaria impone a tutti la consapevolezza di un "destino comune" tra i paesi membri: "E' necessario un chiaro accordo bipartisan nei paesi che vogliono entrare nella zona euro", avverte il presidente della Bce Jean-Claude Trichet, quasi introducendo un nuovo criterio di Maastricht. "Non è possibile entrare o uscire dalla zona euro come si salta su e giù da un autobus".

In un'intervista, rilasciata al Sole/24 Ore alla vigilia di un viaggio di due giorni a Milano e Parma, Trichet, 67 anni, difende il modello economico tedesco; crede che migliorare la governance nella zona euro passi innanzitutto per un'applicazione rigorosa del Patto di Stabilità; e sottolinea come l'Italia non sia assolutamente nella situazione della Grecia, smentendo che la I di PIGS sia italiana.

La Grecia è in grave difficoltà: deve fare i conti con un enorme debito pubblico e un forte calo della sua competitività. Alcuni vedono nell'Italia la prossima vittima di una crisi finanziaria nella zona euro.

Naturalmente, l'Italia non è assolutamente nella stessa situazione della Grecia. Il vostro paese ha mostrato una certa resistenza in questo difficile periodo. In particolare è stato capace di contenere il deficit pubblico annuo e si è impegnato a tornare a una situazione sostenibile secondo le regole europee. La Bce incoraggia l'Italia ad attuare rigorosamente il programma di risanamento. Detto ciò, la crisi attuale ha mostrato che tutti i 16 paesi della zona euro devono lavorare alacremente, in modo determinato ed efficiente, per rendere le loro economie più flessibili e aumentare la crescita potenziale grazie a decise riforme strutturali. Una migliore produttività del lavoro aiuta in particolare la crescita dell'export e la creazione di nuovi impieghi. Se questo fosse stato fatto con più efficienza negli ultimi anni avremmo raggiunto risultati migliori in Italia e nella zona euro.

L'Unione ha messo a punto un piano per aiutare la Grecia: prevede il sostegno del Fondo monetario internazionale e prestiti bilaterali. La Bce era contraria alla partecipazione dell'Fmi. Che impressione ne trae?


Non ero contrario al coinvolgimento del Fondo in sé. Ero contrario al coinvolgimento del Fondo da solo. Sono sempre stato favorevole a un massimo di responsabilità dei governi della zona euro così come previsto dal Patto di Stabilità e di Crescita. Il Patto è al cuore dell'unione monetaria: obbliga i paesi membri a valutare e giudicare le politiche di bilancio dei propri pari, fino a imporre sanzioni. Nei giorni precedenti le recenti riunioni europee, avevo chiesto a tutti i governi di rispettare le loro responsabilità così come sono dettate dai Trattati e dal Patto, essenziale al buon funzionamento della zona euro. Da questo punto di vista, la dichiarazione dei governi della zona euro è appropriata. E' anche una soluzione buona e attuabile.

Pensa che verrà utilizzata?


In questo momento, non mi aspetto che questo meccanismo sia necessario. La Grecia dovrebbe introdurre il programma di risanamento in modo molto determinato, come si è impegnata a fare dinanzi all'Eurogruppo.

Pensa che il fallimento del paese sia una concreta possibilità, come affermano alcuni commentatori?

Il tema non è in discussione, tenuto conto delle decisioni prese dal governo greco per ridurre il proprio deficit pubblico e la dichiarazione dei capi di stato e di governo della zona euro.


Crede che la crisi attuale possa suggerire un rallentamento del processo di allargamento della zona euro?


La partecipazione all'unione monetaria impone ai tutti i governi politiche di bilancio accorte, così come riforme strutturali e un'analisi attenta dei costi di produzione. La crisi di questi mesi mostra che una cattiva gestione influenza negativamente tutti i partecipanti alla zona euro, mentre una buona gestione è positiva per tutti, tenuto conto di come le nostre economie sono interconnesse a causa della moneta unica. Come ho detto prima il controllo reciproco tra i paesi membri è un aspetto cruciale nel funzionamento della zona euro, con una profonda motivazione e legittimità economica. Di conseguenza, è anche vero che per entrare nella zona euro è necessario nella società del paese coinvolto una piena adesione a condividere un destino comune con gli altri stati membri. In questo senso, secondo me, è necessario un chiaro accordo bipartisan nei paesi che vogliono entrare nella zona euro.

In altre parole, la partecipazione all'unione monetaria deve avvenire in un quadro multinazionale e multipartisan.

Esattamente. Stiamo partecipando a uno sforzo di grande importanza storica. Non è possibile entrare o uscire dalla zona euro come si salta su e giù da un autobus. La partecipazione all'unione monetaria impegna il destino di un paese. All'inizio eravamo 11; oggi siamo 16. Altri nove non godono della clausola di esenzione per quanto concerne l'introduzione della moneta unica: dovrebbero quindi aderire alla zona euro non appena i criteri saranno rispettati. Vedremo cosa succederà. Inutile dire che qualsiasi paese che vuole entrare nell'unione monetaria dovrà rispettare i criteri di Maastricht non per un solo anno ma in modo sostenibile.


Come valuta l'atteggiamento dei paesi in fila per entrare nella zona euro? Vede un'ampia accettazione del fatto che l'unione monetaria impegna i destini di una nazione?

In alcuni casi c'è un consenso ampio e chiaro a volere aderire all'unione monetaria. In altri non c'è. Dobbiamo giudicare il processo attraverso le lenti della Storia. Ciò detto, credo che tutti i governi e le istituzioni europei dovrebbero sottolineare il significato della zona euro in quanto condivisione di un destino comune. Più precisamente dobbiamo tutti capire che è necessario accettare pienamente la sorveglianza reciproca per preservare il buon funzionamento della nostra unione monetaria.

A proposito, convincere la Germania ad aiutare la Grecia è stato lungo e difficile. Pensa che i tedeschi siano consapevoli del nostro destino comune?


Credo che tutti i paesi siano convinti di questo fatto. Credo che i tedeschi così come gli italiani, i francesi, gli spagnoli, gli olandesi e tutti gli altri cittadini fossero consapevoli di questo aspetto quando aderirono alla zona euro. La stessa Germania dimostrò come fosse attaccata alla moneta unica quando sostenne l'importanza del Patto di Stabilità, che si basa sulla responsabilità e sul controllo reciproci e che è una chiara illustrazione di come i nostri destini siano interconnessi. Di conseguenza, sì, credo che la Germania sia pienamente consapevole del nostro destino in comune. Non si dimentichi che nelle discussioni sul Trattato di Maastricht, Helmut Schmidt e Helmut Kohl erano in prima fila nel processo di integrazione europea con i loro omologhi dell'epoca, seguendo le orme in particolare di Robert Schuman e Alcide De Gasperi.


Lo stesso ministro delle Finanze francese ha criticato il modello economico tedesco, che esporta ma non consuma e limita quindi le importazioni dal resto della zona euro. E' d'accordo con Christine Lagarde?


No, e per tre ragioni. Prima di tutto, se la Germania non avesse migliorato la propria competitività nei primi anni di unione monetaria controllando i costi e l'inflazione, la zona euro avrebbe avuto la minaccia di un'inflazione più elevata e di una politica monetaria più restrittiva. In secondo luogo, la Germania, con un importante attivo delle partite correnti, sta finanziando il deficit delle partite correnti di altri paesi membri. Infine, la Repubblica Federale è un forte concorrente a livello mondiale nell'industria e nelle macchine utensili. La sua competitività è un beneficio importante per la zona euro, tenuto conto delle forti interconnessioni tra i paesi membri. Di conseguenza, farei notare a tutti coloro che la pensano in questo modo che ciò che sembra uno svantaggio per la zona euro visto da un angolo particolare è in realtà un vantaggio quando osservato da una prospettiva corretta.


Ma più in generale la signora Lagarde ha pur fatto notare che nella zona euro vi sono grandi squilibri macroeconomici. C'è un'agenda europea per risolvere questo problema?


L'obiettivo deve essere di elevare la crescita potenziale in tutti i paesi attraverso riforme strutturali così tanto rinviate. Questo rimarrà strategicamente importante nel prossimo decennio. L'Agenda 2020 dovrà essere introdotta meglio di quanto non sia stata attuata l'Agenda 2010, come ha raccomandato il presidente Herman Van Rompuy. Più in generale mi faccia notare che tenuto conto della natura stessa dell'unione monetaria, alcuni paesi - a causa per esempio del rapido invecchiamento della popolazione - dovranno avere un attivo delle partite correnti, mentre altri paesi con un debito pensionistico molto meno elevato non dovranno necessariamente avere attivi della bilancia corrente. Nello stesso modo, alcuni paesi per guadagnare competitività dovranno avere un tasso d'inflazione inferiore a quello medio europeo. Un certo grado di dispersione dei parametri economici è possibile in un'economia integrata con le dimensioni degli Stati Uniti, purché questa dispersione sia giustificata economicamente.


Anche accettando un periodo di deflazione, con tutte le conseguenze sociali che questo potrebbe provocare?

Sì. Siamo un'economia immensa. E' normale che alcune regioni, dopo una crescita superiore alla media europea e dopo aver accumulato un'inflazione nazionale più elevata, debbano accettare una correzione e quindi anche un periodo di inflazione negativa, come sta succedendo in Irlanda.

La recente dichiarazione europea che mette a punto un piano di aiuto alla Grecia afferma che i paesi membri dovrebbero spingere verso una più forte governance economica.


Cosa si aspetta: un approccio più coordinato o il trasferimento di competenze dal livello nazionale a quello sovranazionale?


Abbiamo tutti opinioni personali in merito. Da cittadino, sono dell'avviso che quando i tempi saranno maturi e i popoli lo vorranno bisognerà muoversi verso una piena federazione politica. Per ora, il nostro obiettivo è di far sì che l'attuale quadro istituzionale funzioni il meglio possibile. Chiediamo il pieno rispetto del Trattato. La stessa unione monetaria è uno sforzo audace: non si dimentichi che per quanto riguarda le politiche di bilancio il Trattato permette al consesso dei governi di imporre decisioni su altri governi e parlamenti. Applicare pienamente il Patto di Stabilità significa in futuro una governance più forte rispetto a quella a cui siamo stati abituati negli anni passati.


Siamo al cuore della democrazia: no taxation without representation, dicono gli inglesi.


Ho detto e lo ripeto che la sorveglianza reciproca sui governi e sui parlamenti nel settore delle finanze pubbliche è uno sforzo politico audace. Credo che tornare con grande determinazione alla lettera e allo spirito del Patto di Stabilità ci farà fare un balzo in avanti in termini di governance dei 16 paesi membri della zona euro, e questo balzo è ormai maturo. Inoltre, l'Agenda 2020 è anch'essa estremamente importante per rafforzare la governance economica nell'Unione nel suo insieme.


Un'ultima parola: è ottimista sul fatto che la zona euro sopravvivrà alla crisi attuale?

Assolutamente sì. Ogni tanto non ci rendiamo conto quanto l'Europa abbia ottenuto nell'ultimo mezzo secolo. I padri fondatori non potevano neppure immaginare la creazione di un parlamento eletto a suffragio universale, una corte di giustizia che stabilisce la giurisprudenza per l'Europa in toto, un mercato unico pienamente integrato e una moneta unica oggi per 330 milioni di cittadini e 16 paesi. L'Europa ha anche dimostrato negli ultimi due anni che è stata capace di far fronte alla peggiore crisi globale dai tempi della Prima guerra mondiale. Questo è stato vero soprattutto per gli istituti monetari, la Bce e le banche centrali nazionali, nel vostro paese la Banca d'Italia. Stiamo affrontando a livello mondiale un periodo storico impegnativo e sono pienamente convinto delle capacità dell'Europa e dell'unione monetaria a sormontare le attuali difficoltà.




Bond greci a ruba ma a tassi molto elevati
13 aprile 2010
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La Grecia ha collocato sul mercato titoli di stato per un totale 1,56 miliardi a sei mesi e a un anno (780 milioni di euro per ciascuna emissione), un ammontare superiore del 30% di quanto previsto (1,2 miliardi). Le due operazioni hanno suscitato una domanda molto forte tra gli investitori, ma l'emittente ha dovuto riconoscere rendimenti elevati: 4,85% per la tranche ad un anno (52 settimane) e 4,55% per quella a sei mesi (26 settimane). Per avere un'idea di quanto stia costando alla Grecia lo squilibrio dei conti pubblici basta confrontare i tassi dell'asta di oggi con quella analoga di gennaio scorso quando i T-bill a sei mesi erano stati collocati a al tasso dell'1,38% e quelli a 12 mesi al 2,20 per cento.

«La domanda elevata - ha sottolineato Wilson Chin, strategist di Ing ad Amsterdam - deriva dalla maggiore chiarezza sul piano di aiuti» dopo la definizione dell'entità dell'impegno dei partner della zona euro. «E' un passo avanti che può contribuire a rasserenare i mercati, anche se la volatilità degli spread è destinata a continuare».
Luca Cazzulani, strategist di Unicredit ha definito comunque «incoraggiante» il fatto che i rendimenti dei titoli greci collocati oggi sia risultato inferiore al 5% per entrambe le scadenze.
La prossima settimana è prevista una nuova asta a tre mesi. Il forte aumento dei tassi nel collocamento di oggi rispetto all'asta precedente fa pensare che solo il primo scoglio è stato superato. Ma le finanze greche devono rassegnarsi a navigare in mercati turbolenti ancora per molto: entro la fine dell'anno Atene deve rifinanziare più di 50 miliardi di debito pubblico. (di G. Chiellino)


Superata la "prova mercati" per la Grecia è l'ora del rigoredi Giuseppe Chiellino12 aprile 2010
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La deflazione resta «l'unico strumento efficace» a disposizione della Grecia per rimettere in sesto i conti. Uno «strumento doloroso perché significa salari e prezzi più bassi». Non ha usato mezzi termini il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, in una intervista al settimanale austriaco «Profil», all'indomani dell'accordo europeo per il sostegno ad Atene, che, in tandem con il Fondo, assicurerà gli aiuti ad Atene. In tutto una quarantina di miliardi di euro, di cui 30 garantiti dai paesi dell'Eurozona. La deflazione «correttamente, è anche la ricetta suggerita dalla Commissione europea» ha sottolineato il direttore del Fmi, ricordando alla Grecia che «ora deve ripercorrere in senso inverso la strada degli ultimi anni. Non c'è altra soluzione che diventare più competitivi, visto che il paese ha perso tra il 20 e il 25% di competitività rispetto alla Germania».


La reazione positiva dei mercati
Un modo esplicito per riportare Atene alla realtà, dopo l'intesa europea di domenica è la reazione positiva dei mercati. La Borsa di Atene ha chiuso in rialzo del 3,51 per cento, dopo che nel corso della seduta aveva registrato rialzi da oltre il 5 per cento. I rendimenti sui bond della Grecia - che si muovono nella direzione opposta al prezzo - si sono ridotti al 6,63 per cento nel pomeriggio, dopo il 7,5 per cento raggiunto alla fine della scorsa settimana. In calo anche i credit default swap sul debito sovrano greco, a 357 punti (-69 punti base) e in recupero l'euro, a 1,3580 dollari nel tardo pomeriggio dopo aver sfiorato quota 1,37.

Rigore greco e credibilità europea
Il richiamo al rigore è arrivato anche dal presidente della Bce, Jean-Claude Trichet: soddisfatto per la «decisione positiva» ha ricordato comunque alle «parti coinvolte l'obbligo di far fronte alle proprie responsabilità». Come dire: Atene deve applicare pienamente il programma di risanamento dei conti pubblici.
Anche il presidente della Commissione Ue, Josè Barroso, è apparso ottimista e si è detto fiducioso che la definizione delle modalità di sostegno alla Grecia siano di stimolo per realizzare le riforme necessarie. Per Barroso, che oggi era in visita in Italia per una lectio magistralis al collegio europeo di Parma, l'intesa di domenica «è stato un buon test di credibilità per l'Unione europea».
Forse il «test» si poteva fare qualche settimana fa, evitando di dare ancora spago alla speculazione. Ma meglio tardi che mai. E non è detto che i problemi siano finiti qui e, dunque, non serva qualche altro test. Una prova sarà senz'altro l'emissione di titoli di stato per 1,2 miliardi di euro. Entro fine aprile deve raccogliere altri 2,65 miliardi che diventano 8,2 entro fine maggio. In tutto, il Tesoro ellenico deve rifinanziare 54 miliardi di euro entro il 2010.

Le elezioni regionali tedesche

Nel brevissimo periodo, i mercati, ma non solo, guardano anche alla data del 9 maggio, giorno in cui si terranno le elezioni nel lander Renania del Nord - Vestfalia. Se dalle urne non uscirà un risultato penalizzante per la coalizione Cdu-Fdp che governa la Germania, Angela Merkel e il suo governo potrebbero assumere una linea più morbida anche in Europa, non solo nei confronti della Grecia ma soprattutto verso l'adozione di una politica economica europea comune, come ha chiesto lo stesso Strauss-Kahn: «Per un miglior coordinamento, l'Europa deve darsi una nuova regolamentazione che, nell'emergenza sia capace di costringere i singoli paesi a rispettare gli accordi. Un'Europa che mostri più i denti!».



Aggiornamento al 23 ottobre 2011 : ai possessori di debito sovrano greco costerà dal 50 al 60% il concordato fallimentare. Dopo aver portato la Grecia sull'orlo di una guerra civile per non acquistare subito lo stock intero del debito, imporre regole severe di bilancio e riscadenzare tutto a 30 anni. Sono le strategie fallimentari del FMI e della BCE, condite nell'olio di leaders europeu senza carisma e visione a lungo termine. Oggi si parla di estendere a 2.000 miliardi di euro, fra liquidità e garanzie collaterali, la potenza di fuoco dell' EFSF ancora fermo a 440 miliardi di euro che non si sa come e quando spendere !

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