C'E' UNA CORDA INTORNO AL COLLO DI OGNI ITALIANO. OGNI GIORNO UN POLITICANTE LA STRINGE UN PO'
Il caro benzina frena ogni tentativo di ripresa dalla crisi, incidendo sulla mobilità di persone e merci e, quindi, sui consumi. L'analisi di Coldiretti sui dati Istat rivela che nel 2012 il prezzo alla pompa ha conosciuto un aumento record del 14,2%, con un corrispondente crollo nelle vendite complessive di carburante di oltre il 10%.Segno che con questi prezzi, l'economia si ferma. Le quotazioni internazionali del petrolio, impennatesi negli ultimi anni, di certo incidono sul costo del carburante alla pompa, ma soltanto in parte. Circa il 60% del prezzo della benzina, infatti, finisce nelle casse dello Stato sotto forma di tributi, per un totale di oltre 35 miliardi di euro l'anno. Il prelievo fiscale è rappresentato non solo dalle imposte di fabbricazione e dall'Iva, ma anche dalle tante accise accumulatesi nel tempo. Facendo il pieno, in pratica, finanziamo ancora la guerra d'Etiopia del 1935, il disastro del Vajont del 1963, i terremoti nel Belice, in Friuli, in Irpinia e tante altre emergenze e crisi. Accise alle quali si aggiungono, tranne alcuni casi virtuosi, anche le addizionali regionali. L'accisa è un'imposta indiretta che grava su alcuni prodotti di consumo come i carburanti, l'energia elettrica, i tabacchi lavorati e gli alcolici. Stabilita una tantum per quantità di prodotto, ad esempio il litro di carburante, su di essa si applica l'Iva, praticamente una tassa sulla tassa. C'è poi l'imposta di fabbricazione sui carburanti, che porta la tassazione a 72,84 centesimi al litro per la benzina e a 61,74 per il diesel. Iva esclusa, però: considerando anche l'imposta sul valore aggiunto, il totale di tributi sale rispettivamente a 1,037 e 0,912 euro al litro. La prima accisa sui carburanti risale al 1935 e venne posta da Mussolini per finanziare le pretese coloniali del regime fascista in Etiopia. Sono passati quasi ottanta anni da allora, ma il contributo per la “guerra d'Abissinia” non è mai stato tolto, e ancora oggi fa parte dei tributi che paghiamo ogni volta che ci rechiamo dal distributore a fare benzina. Ad esso si sono via via aggiunte tante altre accise, introdotte per fare fronte a emergenze di particolari momenti della storia d'Italia e divenute perpetue.
Ricordate la crisi di Suez? Forse no, visto che sono passati quasi sessanta anni e il Medio Oriente ha conosciuto da allora tante altre e forse ancora più gravi crisi. Chi di certo non ha scordato la crisi del '56 è lo Stato, che ancora fa pagare un accisa sul carburante per finanziarla. Ma non è l'unica crisi internazionale del passato che grava sui nostri rifornimenti. Dalla missione in Libano del 1983 a quella in Bosnia del 1996 fino ad arrivare alla crisi libica del 2011, sembra che la politica estera del nostro Paese passi dal distributore. E anche di fronte all'attuale crisi economica sembra sia necessario aggrapparsi alla pompa: il decreto “Salva-Italia” del 2011 ha introdotto una nuova accisa di 8,2 centesimi per ogni litro di benzina e di 11,2 centesimi/litro per il gasolio. Considerato che anche sulle accise si applica l'Iva, l'aumento per gli italiani corrisponde rispettivamente a 10 e 13,55 centesimi al litro.
Gran parte delle accise sui carburanti hanno cause nobili, e sono state poste dallo Stato per fare fronte a disastri naturali, per consentire ad alcune regioni di risollevarsi in fretta da vere e proprie emergenze. Le ultime accise hanno riguardato il terremoto a L'Aquila del 2009, l'alluvione abbattutasi sulla Liguria e la Toscana nel 2011 e il terremoto in Emilia 2012, e il contributo di solidarietà prelevato alla pompa sta servendo, almeno in linea teorica, per aiutare i concittadini colpiti. Meno ragionevoli sono le accise che ancora gravano sul carburante per alcuni disastri del passato: la frana sul bacino artificiale del Vajont del 1963, l'alluvione di Firenze del 1966, i terremoti del Belice nel 1968, del Friuli nel 1976 e in Irpinia nel 1980. Quando finiranno queste emergenze?
In Europa, soltanto l'Olanda ha aliquote d'accisa sui carburanti superiori a quelle italiane, con il risultato che trasportare merci e persone lungo lo Stivale ha un costo economico ben superiore alla media dei Paesi europei. E in alcune regioni fare il pieno è ancora più caro, grazie alle addizionali stabilite a livello locale. La palma della regione con l'addizionale più elevata spetta alla Liguria, che trattiene 5 centesimi per ogni litro di benzina: quasi il doppio delle addizionali previste in Piemonte, Lazio, Campania, Calabria e Molise. In contro tendenza la Puglia, che dall'inizio del 2013 ha azzerato ogni addizionale regionale nelle accise sui carburanti.
fonte MSN news
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