IL RITORNO DEL PCI. MA MODERNO E CON PIU’ GRAMSCI, PIU’
LENIN, PIU’ TOGLIATTI E BERLINGUER.
Il 26 giugno si terrà il congresso nazionale per la
ricostituzione del PCI. Intanto sono in corso in tutta Italia lo svolgimento
delle assemblee che tale ricostituzione la preparano sul territorio. A Marino,
presso il Bar Mameli 11B a S. Maria delle Mole si svolgerà quello relativo al
comune di Marino. Per l’occasione sarà presente il segretario regionale del
PCdI, Luca Battisti. Per questa occasione ospitiamo una intervista a Maurizio
Aversa, segretario PCdI Marino.
D. Davvero il 26 giugno, farete risorgere il PCI, quello con
lo stemma dipinto da Guttuso?
R. Si. E’ tutto vero e concreto. Con il percorso che è stato
avviato dall’Associazione per la Ricostruzione del PCI, siamo ora giunti, in
tanti, e con provenienze attuali differenti, a voler svolgere fino in fondo il
ruolo di riunire quanto più possibile i Comunisti in Italia. Tutto ciò, dopo un
dibattito ancora in corso che terminerà come “nuova ripartenza” dal Congresso
di fine giugno, farà in modo che il popolo di sinistra e i comunisti, al pari
dei milioni di elettori che seguirono Berlinguer, avranno nuovamente a
disposizione proprio il Partito Comunista Italiano.
D. Le diverse provenienze riguardano i diversi partiti
comunisti del dopo Bolognina?
R. Non solo e non tutti. Conclusa, anche se ancora non
metabolizzata da molti compagni di Rifondazione, l’esperienza di PRC; una parte
di questi compagni e compagne, ed altri, un po’ in tutta Italia, militanti in
altre diverse organizzazioni comuniste, così come decine e decine di singoli
compagni che semplicemente non avevano più svolto attività per assenza di
stimolo, occasione, credibilità di progetto politico, si sono ritrovati in
questo appello della Associazione. Il passaggio fondamentale, poi, che ha
consentito al Pdci, di dare vita lo scorso anno al PCdI, proprio in funzione di
ricostituire il PCI, è stato non un tatticismo politico, ma una generosa messa
a disposizione paritaria, di tutti i partecipanti – alle commissioni che hanno
preparato le tesi e il nuovo statuto ad esempio – per fare insieme, in modo
corale e fraterno la Ricostruzione del Partito Comunista Italiano.
D. Una commissione ha predisposto un documento politico
fondante, a tesi. Cioè?
R. Proprio in queste ore, ho avuto modo, nel piccolo
percorso di confronto locale, con alcuni compagni, a cui ha partecipato anche
un noto attivista dei gruppi autonomi, e si è mostrato incredulo (credo
positivamente, da quanto ho capito) di come, le tesi che proporremo, pur non
essendo affatto velleitariamente barricadere, hanno alla base analisi della
realtà italiana ed indicazioni fondamentali che quel compagno trovava molto
assonante. Tanto che ha chiesto il documento per “studiarlo” e per poter
partecipare al congresso con l’intenzione di intervenire.
D. Bene. Quindi credete che qualche tematica
social/movimentista l’avete incamerata questo il nuovo PCI ?
R. Assolutamente no. Non risolviamo qui la capacità, come ha
lavorato la commissione che ha proposto le tesi, per ampliare solo in una
direzione la proposta politica di fondo del PCI. Infatti, per fare un altro
esempio diretto e concreto, non so se parteciperanno al congresso, ma ho visto
che hanno apprezzato l’invio dei documenti che ho fatto nei confronti dei
sovranisti. Infatti, fatta la tara della loro soggettività politica che
intendono riaffermare come autonoma, so che hanno condiviso con noi – perché
abbiamo materialmente messo in piedi una bella iniziativa lo scorso anno sui
temi della sovranità del nostro Paese, rispetto all’Europa/UE – proprio la
volontà di rivedere tutti i rapporti con la UE e di eliminare il pareggio di
bilancio in Costituzione. Cose concrete, programma minimo di base, che sta alla
base della ricostituzione del Partito Comunista Italiano.
D. Naturalmente questa base ideologico programmatica
conterrà anche una analisi ed un giudizio ed un comportamento conseguente
rispetto alle forze politiche in campo. Quali sono?
R. Secondo quanto stiamo elaborando a livello di analisi e
di proposta politica, i Comunisti praticano una politica unitaria che prende le
mosse dalle lotte contro la guerra, per la democrazia, per i diritti dei
lavoratori e delle lavoratrici. Un fronte delle sinistre che a partire da
queste battaglie, offra un punto di riferimento unitario contro il PD e il
Governo Renzi, contro le destre e alternativo al populismo grillino, è per noi
un elemento necessario da costruire in ogni territorio e sulla scena politica
nazionale. Questa e non altra, ad esempio quella di Sinistra Italiana è una via
possibile. Troppo poco unificante e politicamente povera la proposta di SI di
cercare ancora il centrosinistra possibile. Molto più efficace, politicamente
poderoso e socialmente radicato invece che mettere insieme culture in un
improbabile partito in vitro, puntare su uno schieramento unitario socialmente
e politicamente eterogeneo composto di partiti omogenei. Del resto, la risposta
che va articolata non è ad un PD ambiguo. Oramai il PD/partito della nazione è
strumento per costruire nuovi equilibri di rappresentanza per l’egemonia
borghese. Il renzicentrismo è un populismo di governo che passa attraverso la
ideologia del fare. E’ in questo senso che la cosiddetta sinistra del PD, nella
ipotesi di alleanza con Sinistra Italiana in funzione di un centrosinistra che
verrà svolgono una lettura della realtà molto al di fuori del vero. Per
completare il quadro, la destra italiana che si sta scomponendo e ricomponendo,
lascia ormai intravvedere solo ipotesi nefaste dove la destra xenofoba e razzista
cerca spazi nei settori sociali maggiormente colpiti dalla crisi. Differente e
da vera funzione di “cavallo di Troia” è il ruolo del M5S che con la retorica
dell’anticasta sta di fatto favorendo politiche di restringimento della
democrazia, lo stravolgimento della Costituzione e delle stesse politiche di
austerity.
D. Il ricostituito
PCI avrà ancora a base la propria diversità?
R. Il tema non è
semplicemente quello di un ripristino della legalità davanti a casi individuali
di infrazione, né quello di un galateo morale da ristabilire. Il tema vero è la
“questione morale”, il cui prorompere fu anticipato con preveggenza da Enrico
Berlinguer: una “questione morale” che è tutta politica, in quanto chiama in
causa un intero impianto sistemico entro cui è maturata la crisi delle
istituzioni e, dentro questa, la crisi delle forze politiche. Non a caso, è
stato un comunista a lanciare in tempi non sospetti l’allarme: né poteva essere
altrimenti, essendo quella denuncia espressione appunto della “diversità comunista”(una
“diversità” andata via via appannandosi, fino al disastro odierno della
sinistra). Spetta ora a noi riprendere quell’attitudine e quella denuncia:
rilanciando tra l’altro il tema del controllo popolare sulla spesa pubblica,
rivendicando forme di controllo pubblico in generale sull’attività
politico-amministrativa, sull’erogazione e la qualità dei servizi pubblici,
nonché sui flussi di denaro che attraversano la vita delle forze politiche,
imponendo vincoli stringenti allo stesso mercato finanziario.
D. Ma anche il Centralismo Democratico del PCI, lo
proporrete ancora?
R. La frantumazione degli interessi corporativi,
l’invisibilità dei grandi poteri e l’autoreferenzialità del ceto politico sono
tre elementi che hanno determinato un impazzimento, una girandola di
comportamenti aventi come criterio regolatore solo l’interesse individuale
immediato. La risposta prevalente a questa crisi di razionalità e di
rappresentanza è l’autoritarismo o meglio il potere del capo: Renzi, Grillo,
Berlusconi, Salvini ma ieri anche Di Pietro e, a livello locale, alcuni
sindaci, animano un principio organizzativo che si risolve materialmente ma
anche simbolicamente nel governo di un capo che spesso è anche il proprietario
(del simbolo, del nome- che coincide in tutto o in parte con quello stesso del
capo- delle strutture, dei fondi). Dobbiamo situare la proposta del
funzionamento di un partito comunista all’altezza della crisi della politica e
della società; e abbiamo l’ambizione di ricostruire non solo un principio di organizzazione
efficace ma anche un nuovo tipo di militante politico. Un militante che operi
in virtù di una scelta etica o ideologica, di una scienza della trasformazione
ma anche in virtù di un modello di relazioni, di un rapporto saldissimo e
coerente dell’individuale con il collettivo, della responsabilità con la
libertà, della passione con la ragione. Per perseguire questo obiettivo di
unità quale base materiale per l’intera azione volta alla ricostruzione dei
legami di massa, è urgente la ripresa del centralismo democratico, che è
l’opposto (come sapeva Gramsci) del “centralismo burocratico”: un opzione
rivoluzionaria e filosoficamente contemporanea che ha bisogno, per realizzarsi,
della richiesta di un dibattito franco e libero, sollecitato (e mai represso)
dagli stessi gruppi dirigenti, al pari di una sintesi politica accettata e da
ognuno/a praticata. E’ dunque parte del metodo del centralismo democratico la
massima valorizzazione del criterio di collegialità, del lavoro collettivo e
del confronto tra compagni. Così, dal livello nazionale a quello locale, vanno
costituiti dipartimenti e gruppi di lavoro, in modo da responsabilizzare il
maggior numero possibile di compagne e compagni, puntando a coinvolgere anche
energie e risorse esterne al partito. Gli stessi organismi dirigenti vanno
concepiti, oltre che come luoghi di direzione politica, come strutture di
lavoro nelle quali ogni compagna/o abbia una precisa responsabilità, presenti
piani di lavoro articolati e riferisca sulla loro attuazione.
D. Un partito siffatto quali riferimenti sociali ha? Chi si
iscriverà a questo Partito Comunista Italiano?
R. Nella storia del movimento comunista un posto particolare
occupa il comunismo italiano. Il nostro paese ha visto infatti lo sviluppo del
principale partito comunista dell’Occidente, frutto di un intreccio fecondo tra
un particolare contesto e un’elaborazione di grande rilievo. Ne sono derivate
una teoria e una prassi specifiche, quelle della “via italiana al socialismo”.
Alla base di tale esperienza vi sono in particolare i contributi di Gramsci e
di Togliatti. Da Gramsci, e dalla sua strategia dell’egemonia, a sua volta
legata al pensiero di Lenin, i comunisti italiani hanno ricavato la convinzione
che un progetto di transizione al socialismo in un paese avanzato prevede un
lungo percorso, un “processo di apprendimento” nel quale la classe lavoratrice
si radica nella società, ne occupa casematte e trincee, diviene di fatto classe
dirigente, per compiere quindi il passaggio che riguarda il livello dello Stato.
I comunisti sono chiamati a ristabilire la sovranità del lavoro, cioè a
riprendere in mano una politica “alta”, che non sottostia ai diktat del
capitalismo sovranazionale o all’imperialismo in ogni forma esso si esprima. E’
fondamentale ricostruire le basi (ideali, teoriche, ideologiche, culturali) per
riappropriarci del concetto di sovranità dei lavoratori e ricostruire una
coscienza di classe tra coloro che vivono del proprio lavoro: così che questi
possano entrare politicamente nella storia come classe sociale capace di
elevarsi da quella “morale di schiavi” a cui oggi è costretta a una “morale di
produttori” che permetta loro di diventare protagonisti del progresso e
proprietari dei mezzi di produzione. Tutti coloro che intravedono una verità
nella analisi della lotta di classe imperante, della divisione del mondo in
produttori e predatori, della giustizia sociale e dei diritti diffusi da
estendere, sono potenziali compagni e compagne che possono richiedere
l’iscrizione al PCI. Inoltre, da questa nuova ricostruzione, c’è un inedito: un
“organismo parallelo” che affianca la Direzione Nazionale. Una presenza
organizzata nel mondo della cultura e intellettuale, che provi a ricostituire
un ambito di discussione ed elaborazione teorica entro cui siano impegnati
intellettuali comunisti o comunque vicini alle posizioni ideali e politiche dei
comunisti. Da questo punto di vista resta essenziale l’istituzione di un
Comitato scientifico, coordinato dal partito e aperto a competenze diverse, che
operi con sguardo lungo su tempi non necessariamente determinati dalle urgenze
della politica quotidiana.
D. Tutto questo a fine giugno per tutta Italia, E a Marino?
R. A Marino, seppure impegnati nella campagna elettorale di
rinnovo del Consiglio comunale, con il nostro obiettivo politico-strategico
dichiarato di “cacciare la destra da Palazzo Colonna”; abbiamo deciso
ugualmente, senza deroga alcuna, di cimentarci con l’immediata ricostituzione
del Partito Comunista Italiano. Confidiamo che saranno molti, da qui a qualche
mese, a sentirsi liberi finalmente del giogo/bugia esercitato dal PD che aveva
l’alibi della “provenienza”, mischiando – soprattutto in chiave renziana –
parte di malintesa appartenenza a nostalgie sopite. Ora, con la ricostituzione
del PCI, l’unica forte appartenenza del popolo della sinistra, del popolo
comunista è lo stesso PCI che già conosceva: quello di Gramsci e di Togliatti.
Quello della base ideologica di Marx e Lenin. Lo stesso della questione morale
messa la centro della politica italiana da Enrico Berlinguer. Tutto ciò lo
riproporremo domenica 29 maggio dalle 10 del mattino presso lo spazio
espositivo del BarMameli a S. Maria delle Mole.
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