In difesa del POPOLO BUE
Non sono soggetti a tassa o tariffa i passi carrabili a raso
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16733/2007 ha ribadito che non sono soggetti a tassa o tariffa i c.d. “passi a raso”.
La Suprema Corte ha stabilito che il passo a raso, cioè senza taglio di marciapiede, listoni delimitativi o altre opere, “non determina un’occupazione visibile del suolo pubblico”, dato che “manca qualsiasi opera o manufatto realizzato su suolo pubblico”, e che “non presenta interruzioni sul marciapiede o modifiche del piano stradale che permettano, al proprietario dell’accesso, una posizione ed un uso diverso del marciapiede da quello di cui può fruire tutta la collettività”.
L’articolo 44 del Decreto Legislativo n.507/1993 definisce i passi carrabili “quei manufatti costituiti generalmente da listoni di pietra o altro materiale o da appositi intervalli lasciati nei marciapiedi o, comunque, da una modifica del piano stradale intesa a facilitare l’accesso dei veicoli alla proprietà privata”. Se non c’è alcuna di queste opere, la tassazione degli accessi a raso comporterebbe l’assoggettamento ad un onere tributario del diritto di accesso alla proprietà privata !!!
Alcuni Comuni hanno pensato di aggirare l’ostacolo grazie a quanto sancito dall’articolo 22 del Codice della strada, il quale ha stabilito che “i passi carrabili devono essere individuati con l’apposito segnale, previa autorizzazione dell’ente proprietario della strada”, nel nostro caso il Comune. L’articolo 46 del regolamento del Codice della strada (D.P.R. n. 495/1992) aveva pure ribadito che il “passo carrabile deve essere segnalato mediante l’apposito segnale”, cioè il cartello di divieto di sosta, per il quale si deve pagare un canone annuo. Tali norme sono apparentemente in contrasto con la non tassabilità dei passi a raso, ma non dimentichiamoci che per passo carrabile si intende sempre quello definito dal Decreto Legislativo n. 507/1993, ovvero con manufatti o interruzione del marciapiede.
Pertanto i passi a raso continuano ad essere esclusi sia dalla tassa che dal segnale a pagamento, tanto è vero che l’articolo 36 del D.P.R. n. 610/1996 ha successivamente modificato il regolamento del Codice della Strada, stabilendo che nei passi a raso il divieto di sosta e il relativo cartello sono subordinati alla richiesta del proprietario.
Per chi vuol consultare il regolamento comunale per il rilascio delle concessioni e per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, approvato, nonostante il nostro voto contrario, nel Consiglio Comunale del 30/4/2010 ecco il link.
ALTRI DOCUMENTI DA CONSULTARE:
Ris. Min. finanze 26 novembre 1997, n. 225/E
Artt. 52 e 63 D. L.vo 446/1997
Circ. Ministero dell’Economia e Finanze (importante pag.5)
"Illegittima la tassa sui passi carrai a raso"
L'esponente del Pdl, Annamaria Terenziani: "Lo dice la Cassazione"
Reggio Emilia, 3 luglio 2011 - IL NUOVO SALASSO è in arrivo. Prende corpo, a piccoli passi. Dopo la decisione dell’amministrazione comunale di tornare a tassare i passi carrai, domani approda in Consiglio la modifica del Regolamento per il rilascio delle concessioni e per l’apllicazione del canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche. Sulle tariffe sarà la Giunta a esprimersi e l’entrata in vigore del salasso non è ancora stata stabilita, in attesa del censimento per l’individuazione di tutti i passi carrai. Al momento si sa solo che in centro si pagherà più che in periferia. Ma le polemiche infiammano già. E dopo le critiche rivolte al Comune nei giorni scorsi dalla Lega, è la consigliera comunale Annamaria Terenziani (Pdl) a dichiarare illegittima la tassa sui passi carrai a raso: «La Corte di Cassazione — spiega — già con la sentenza 16733/2007 ha ribadito che non sono soggetti a tassa o tariffa i passi a raso. La Suprema Corte ha stabilito che il passo a raso, cioè senza taglio di marciapiede, listoni delimitativi o altre opere, “non determina un’occupazione visibile del suolo pubblico”, dato che “manca qualsiasi opera o manufatto realizzato su suolo pubblico”, e che “non presenta interruzioni sul marciapiede o modifiche del piano stradale che permettano, al proprietario dell’accesso, una posizione ed un uso diverso del marciapiede da quello di cui può fruire tutta la collettività”».
L’ARTICOLO 44 del decreto legislativo 507/1993 definisce i passi carrabili «quei manufatti costituiti generalmente da listoni di pietra o altro materiale o da appositi intervalli lasciati nei marciapiedi o, comunque, da una modifica del piano stradale intesa a facilitare l’accesso dei veicoli alla proprietà privata». «In mancanza di alcuna di queste opere - attacca la Terenziani - la tassazione degli accessi a raso si trasforma in una tassa per entrare in casa propria. Il Comune pensa di aggirare l’ostacolo grazie a quanto sancito dall’articolo 22 del Codice della strada, il quale ha stabilito che “i passi carrabili devono essere individuati con l’apposito segnale, previa autorizzazione dell’ente proprietario della strada”, ovvero il Comune. L’articolo 46 del regolamento del Codice della strada (decreto del presidente della Repubblica 495/1992) aveva pure ribadito che il “passo carrabile deve essere segnalato mediante l’apposito segnale”, cioè il cartello di divieto di sosta, per il quale si deve pagare un canone annuo».
PER L’ESPONENTE DEL PDL, «tali norme sono apparentemente in contrasto con la non tassabilità dei passi a raso, ma non dimentichiamoci che per passo carrabile si intende sempre quello definito dal decreto legislativo 507/1993, ovvero con manufatti o interruzione del marciapiede». Pertanto, continua la consigliera, « i passi a raso continuano ad essere esclusi sia dalla tassa che dal segnale a pagamento, tanto è vero che l’articolo 36 del decreto del presidente della Repubblica 610/1996 ha successivamente modificato il regolamento del Codice della strada, stabilendo che nei passi a raso il divieto di sosta e il relativo cartello sono subordinati alla richiesta del proprietario. Tassa che tra l’altro, quando l’immobile è oggetto di locazione, è posto a carico degli inquilini». A Tal proposito, il Regolamento comunale prevede che, per i passi carrai a servizio di aree condominiali, il pagamento del canone è imputato è richiesto direttamente all’amministratore, al quale spetta poi la ripartizione tra i proprietari dell’area comune.
INOLTRE, si legge nel documento che domani arriverà in Sala del Tricolore, non sono soggetti al pagamento del canone i passi carrai dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e loro Consorzi, degli enti religiosi, degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Altro punto, questo, destinato a far discutere. «Purtroppo - scuote la testa la Terenziani - quando il Comune vuole fare cassa tocca sempre agli immobili subire nuovi balzelli. Così l’Amministrazione si appresta a far approvare in Consiglio una tassa che colpirà tutti gli immobili che hanno un affaccio sulla pubblica via e dalla quale il Comune conta di ricavare un milione e 800mila euro».
Truffa sui passi carrabili a raso
Per la tassa o tariffa sui passi carrabili bisognerebbe denunciare per abuso di potere ed estorsione tutti i sindaci che fanno i furbi per racimolare un pò di soldi in più ed alimentare le ruberie pubbliche, intasando di lavoro anche i giudici. La Corte di Cassazione è dovuta intervenire ancora una volta sui passi carrabili a raso (sentenza n. 16733/2007) per ribadire che non sono soggetti a tassa (o tariffa: neanche si sa bene che natura abbia, cambia da Comune a Comune). La suprema Corte ha stabilito ancora una volta che il passo a raso, cioé senza taglio di marciapiede, listoni delimitativi o altre opere, “non determina un’occupazione visibile del suolo pubblico”, dato che “manca qualsiasi opera o manufatto realizzato su suolo pubblico”, e che “non presenta interruzioni sul marciapiede o modifiche del piano stradale che permettano, al proprietario dell’accesso, una posizione ed un uso diverso del marciapiede da quello di cui può fruire tutta la collettività”.
Purtroppo i cittadini nulla sanno di norme e sentenze e quindi pagano. Bisognerebbe denunciare per abuso di potere, estorsione e truffa anche i Vigili urbani che girano per far pagare la tassa agli ignari cittadini, ben sapendo che si chiama TOSAP, ovvero tassa di occupazione suolo ed aree pubbliche, quindi se non c’è occupazione non c’è neanche tassa. Infatti, l’articolo 44 del decreto legislativo n. 507/1993 definisce i passi carrabili “quei manufatti costituiti generalmente da listoni di pietra o altro materiale o da appositi intervalli lasciati nei marciapiedi o, comunque, da una modifica del piano stradale intesa a facilitare l’accesso dei veicoli alla proprietà privata”. Se non c’è alcuna di queste opere, la tassazione degli accessi a raso comporterebbe l’assoggettamento ad un onere tributario del diritto di accesso alla proprietà privata, che dal punto di vista giuridico è una follia.
Senonché i Comuni hanno pensato di aggirare l’ostacolo con l’articolo 22 del Codice della strada, il quale ha stabilito che “i passi carrabili devono essere individuati con l’apposito segnale, previa autorizzazione dell’ente proprietario” della strada, che è quasi sempre il Comune. L’articolo 46 del regolamento del Codice della strada (DPR n. 495/1992) aveva pure ribadito che il “passo carrabile deve essere segnalato mediante l’apposito segnale”, cioè il cartello di divieto di sosta, per il quale si deve pagare un canone annuo. Tali norme sono apparentemente in contrasto con la non tassabilità dei passi a raso, ma in realtà per passo carrabile si intende sempre quello definito dal decreto legislativo n. 507/1993, ovvero con manufatti o interruzione del marciapiede. I passi a raso continuano ad essere esclusi sia dalla tassa sia dal segnale a pagamento, tanto è vero che l'articolo 36 del DPR n. 610/1996 ha successivamente modificato la norma del regolamento del Codice della strada, stabilendo che nei passi a raso il divieto di sosta e il relativo cartello sono subordinati alla richiesta del proprietario.
Per aggirare ulteriormente anche questa norma, alcuni Comuni hanno pensato a una furbata, sguinzagliando i Vigili urbani che fanno firmare ai proprietari dei passi a raso una “richiesta di regolarizzazione” del passo che praticamente è una semplice richiesta del cartello di divieto di sosta, dietro pagamento del relativo canone. Presso a poco è un imbroglio fatto da una autorità pubblica, dal momento che il proprietario del passo a raso non sa e tanto meno non viene informato che potrebbe rifiutarsi di firmare la “richiesta di regolarizzazione”.
Autore: Unione Nazionale Consumatori
Data: febbraio 2008
PASSO CARRABILE -IL COMUNE CI PROVA