SAREBBE IL CASO CHE LE SANZIONI DI SEGUITO IMPUTATE FOSSERO CORRISPOSTE PERSONALMENTE DAI COMPONENTI I GOVERNI DAL 2007
Io mi sono 1000 volte chiesto perchè la Germania focalizzi le critiche sui nostri conti e non sulla qualità dei nostri politici. La risposta è ovvia : alla GERMANIA va bene così !
CORTE DI GIUSTIZIA DELL' UNIONE EUROPEA
Comunicato stampa 163/14
Lussemburgo 2 dicembre 2014
Sentenza nella causa C-196/13
Commissione / Italia
L’Italia è condannata a
sanzioni pecuniarie per non avere dato esecuzione a una sentenza della Corte
del 2007 che ha constatato l’inadempimento alle direttive sui rifiuti
Oltre a una somma
forfettaria di EUR 40 milioni, la Corte infligge all’Italia, fino al
momento in cui avrà dato piena esecuzione alla sentenza del 2007, una penalità
di EUR 42 800 000 per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle
misure necessarie
Con una prima
sentenza, nel 2007 [1],
la Corte ha dichiarato che l’Italia era venuta meno, in modo generale e
persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle
direttive relative ai rifiuti [2],
ai rifiuti pericolosi [3] e
alle discariche di rifiuti [4].
Nel 2013, la
Commissione ha ritenuto che l’Italia non avesse ancora adottato tutte le misure
necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 2007. In particolare, 218
discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla
direttiva «rifiuti» (dal che si poteva desumere che fossero in esercizio
discariche prive di autorizzazione); inoltre, 16 discariche su 218 contenevano
rifiuti pericolosi in violazione della direttiva «rifiuti pericolosi»; infine,
l’Italia non aveva dimostrato che 5 discariche fossero state oggetto di
riassetto o di chiusura ai sensi della direttiva «discariche di rifiuti».
Nel corso della
presente causa, la Commissione ha affermato che, secondo le informazioni più
recenti, 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva «rifiuti» e
che, di esse, 14 non erano conformi neppure alla direttiva «rifiuti
pericolosi». Inoltre, sarebbero rimaste due discariche non conformi alla
direttiva «discariche di rifiuti».
Nell’odierna
sentenza, la Corte ricorda innanzitutto che la mera chiusura di una discarica o
la copertura dei rifiuti con terra e detriti non è sufficiente per adempiere agli
obblighi derivanti dalla direttiva
«rifiuti». Pertanto, i provvedimenti di chiusura e di messa in sicurezza delle
discariche non sono sufficienti per conformarsi alla direttiva. Oltre a ciò,
gli Stati membri sono tenuti a verificare se sia necessario bonificare le
vecchie discariche abusive e, all’occorrenza, sono tenuti a bonificarle. Il
sequestro della discarica e l’avvio di un procedimento penale contro il gestore
non costituiscono misure sufficienti.
La Corte rileva poi che, alla scadenza del termine
impartito [5], lavori
di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati in certi siti; riguardo
ad altri siti, la Corte constata che non è stato fornito alcun elemento utile a
determinare la data in cui detti lavori sarebbero stati eseguiti.
La Corte ne trae la
conclusione che l’obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo
per l’uomo o per l’ambiente nonché quello, per il detentore, o di consegnarli
ad un raccoglitore che effettui le operazioni di smaltimento o di recupero di
rifiuti o di provvedere egli stesso a tali operazioni sono stati violati in
modo persistente.
L’Italia non si è
assicurata che il regime di autorizzazione istituito fosse effettivamente
applicato e rispettato. Essa non ha assicurato la cessazione effettiva delle
operazioni realizzate in assenza di autorizzazione. L’Italia non ha neppure
provveduto ad una catalogazione e un’identificazione esaustive di ciascuno dei
rifiuti pericolosi sversati nelle discariche. Infine, essa continua a violare
l’obbligo di garantire che per determinate discariche sia adottato un piano di
riassetto o un provvedimento definitivo di chiusura.
La Corte trae la
conclusione che l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare
esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza del diritto dell’Unione.
Di conseguenza, la
Corte condanna l’Italia a pagare
una
somma forfettaria di EUR 40 milioni.
La Corte condanna quindi
l’Italia a versare altresì una penalità
semestrale a far data da oggi e fino all’esecuzione della sentenza del
2007. La penalità sarà calcolata, per quanto riguarda il primo semestre, a
partire da un importo iniziale di EUR 42 800 000.
Da tale importo saranno detratti EUR 400 000 per ciascuna discarica
contenente rifiuti pericolosi messa a norma ed EUR 200 000 per ogni
altra discarica messa a norma. Per ogni semestre successivo, la penalità sarà
calcolata a partire dall’importo stabilito per il semestre precedente detraendo
i predetti importi in ragione delle discariche messe a norma in corso di semestre.
IMPORTANTE: La
Commissione o un altro Stato membro possono proporre un ricorso per
inadempimento diretto contro uno Stato membro che è venuto meno ai propri
obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Qualora la Corte di giustizia
accerti l’inadempimento, lo Stato membro interessato deve conformarsi alla
sentenza senza indugio.
La Commissione, qualora ritenga che lo Stato membro non si
sia conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni
pecuniarie. Tuttavia, in caso di mancata comunicazione delle misure di
attuazione di una direttiva alla Commissione, su domanda di quest’ultima, la
Corte di giustizia può infliggere sanzioni pecuniarie, al momento della prima
sentenza.
[2]
Direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (GU
L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del
Consiglio, del 18 marzo 1991 (GU L 78, pag. 32).
[3]
Direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti
pericolosi (GU L 377, pag. 20).
[4]
Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche
di rifiuti (GU L 182, pag. 1).
[5]
Nella fattispecie, il 30 settembre 2009. Il Trattato di Lisbona ha soppresso,
nella procedura per «doppio
inadempimento» (articolo 260,
paragrafo 2, TFUE), la fase dell’emissione del parere motivato, sicché la data
di riferimento per la constatazione dell’inadempimento è quella della scadenza
del termine fissato nella lettera di diffida. Tuttavia, la presente procedura è
stata avviata sulla base del Trattato CE (articolo 228, paragrafo 2) e un
parere motivato è stato emesso prima dell’entrata in vigore del Trattato di
Lisbona.
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