Ma perché Feltri & co. non fondano un'estrema destra?
di Filippo Rossi da Ffwebmagazine
Sapete cosa serve davvero alla destra italiana? Un partito di estrema destra. Di quella vera: xenofoba, populista, stracciona, sempre incazzata, con la bava alla bocca. Dura e pura. Senza tentennamenti. Con gli attributi. Maschilista, reazionaria, brutta e cattiva. Di quella che fa le manifestazioni contro gli immigrati. Di quella che raccatta i falliti della società. Di quella che urla i suoi slogan senza pensare, così per vedere l’effetto che fa. Di quella che, per dirla tutta, avrebbe fatto rabbrividire Giorgio Almirante. Un’estrema destra che si riempie la bocca di parole come nazione, popolo, patria e che le tradisce nella sostanza. Ogni volta che le pronuncia.
Una estrema destra dalla testa rasata. Di quella che nasce nelle osterie. Di quella che alza il braccio. E di quella che odia gli intellettuali, tutti, da qualsiasi parte stanno. Li odia perché è una destra semplice, dozzinale, sciatta. Strumentalmente ignorante. Che fa comizi. Sempre. Un’estrema destra alla Jean-Marie Le Pen, per intenderci. Un’estrema destra che si riconosce come tale, che non ha paura, che non si nasconde, che non fa finta di essere altro. Che non va mai al governo. E che, se ci va, si trasforma subito in qualcos’altro. E comunque, fa paura.
Ecco, questo partito di estrema destra, in Italia, un leader potrebbe già averlo: un giornalista che si diverte a sbaraccare il tavolo da gioco della politica. Si chiama Vittorio Feltri. Capo fazione perfetto. E poi c’avrebbe anche una classe dirigente soddisfatta finalmente dei nuovi ruoli dirigenziali: Marcello Veneziani, Daniela Santanchè e tanti altri... Gente con una certezza sempre in tasca. Con un nemico sempre pronto all’uso.
Sarebbe la soluzione per tutti. Perché adesso questo leader con un giornale senza partito si sfoga pretendendo, metastasi maligna, che il Pdl, movimento nato moderato, liberale ed europeo, si trasformi in quel che non potrà mai essere. Una pretesa senza senso e senza futuro. Se vogliono, lo fondino questo bel partito di estrema destra. E, a quel punto, si contino davvero nel paese, facendola finita con la retorica della gente. Con la retorica di quel che vuole il popolo.
Quel che non si capisce, però, onestamente, è come sia possibile che leader politici di lungo corso e di tradizione consolidata come, giusto per fare qualche nome, Giulio Tremonti, Claudio Scajola, Franco Frattini, accettino ancora tutto questo. Accettino senza fiatare che un caudillo detti la linea di un grande partito europeo. Accettino di mandare al macero una possibilità, un’opportunità storica: quella di costruire, finalmente, anche in Italia, una destra sana, colta, moderata. Come loro. Una destra capace di parlare al paese, a tutto il paese. E non solo a una rumorosa minoranza di incazzati.
7 gennaio 2010
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Trovo oltremodo strano che l'autore dell'articolo non si renda conto della fondamentale differenza tra un giornale d'opinione e una fondazione "cultural politica". E' mai possibile che affibbiare la propria trave nell'occhio altrui sia lo sport preferito bipartisan del dibattito politico di questo paese? Caro Filippo, quando scrivi tu su fF, fai politica; quando lo fa Feltri sul Giornale, fa informazione e casomai elargisce opinioni (anche non richieste). Che possono essere giuste, sbagliate, possono essere provocatorie a ragion veduta, oppure delle vere e proprie cantonate: ma, sono opinioni, a mio modesto avviso fatte con animo, e in quanto tali, rispettabilissime.
RispondiEliminaSi dice che la grandezza di un uomo la si vede dal modo come fa proprie le critiche che riceve. Il PdL evidentemente è un partito estremamente più saldo nella testa dei suoi milioni (15) di elettori, e in quella di chi lo sta governando attualmente.