Spacciano la loro malattia per fedeltà, e intanto uccidono la speranza
L'estremismo, quel cancro dell'anima e della politica
di Filippo Rossi
L’estremismo è un cancro dell’anima. E gli estremisti sono il cancro della politica. Niente nomi, oggi. Ognuno potrà riconoscersi o meno nella categorie: questione di coscienza. Niente nomi oggi. Ognuno potrà inserire chi vuole nella categoria: questione di buon senso. L’estremismo è il cancro dell’anima perché distrugge ogni possibilità, qualsiasi opportunità. Perché diventa un pensiero fisso, paranoico. L‘estremismo è un cancro dell’anima perché è maligno, perché uccide la speranza e si divora ogni fantasia. Perché è stupido, ottuso e cancella ogni possibilità di dialogo. Perché si accontenta degli slogan, della frasi fatte.
L’estremismo è disumano: perché non prevede il dubbio, lo allontana da sé come fosse una patologia e non una risorsa. Perché rifiuta la complessità, l’unica ricchezza dell’anima. L’estremismo è un cancro perché non accetta di cambiare idea, arriva fino in fondo, fino alla morte delle idee. L’estremismo ha la smorfia cattiva di chi ce l’ha col mondo e con la vita. L’estremismo è cecità. È un mondo buio. È una notte senza alba. L’estremismo è morte.
Gli estremisti sono il cancro della politica perché pensano di non esserlo. Perché si credono sani e schiamazzano la loro malattia mentale come se fosse una religione. Una religione dell’odio e dell’incomprensione. Gli estremisti, tutti i tipi di estremisti, sono il cancro della vita civile perché rifiutano gli altri senza capire che gli altri sono tutti. Sono degli untori. Portatori insani di uno pazzia pandemica. Gli estremisti spacciano la loro malattia per fedeltà. Gli estremisti corrompono il corpo sociale con il loro semplicismo. Lo uccidono di morte lenta ma inesorabile.
Perché, purtroppo, è facile essere estremisti. Ed è ancor più facile diventarlo. Gli estremisti sono soli, sono a stipendio di un diavolo che solo loro conoscono e solo loro capiscono. Del loro diavolo personale che gli ripete, incessantemente, che sì, la cosa giusta da fare è non mettersi mai in discussione. È non ridere mai. È prendersi sempre sul serio. È chiudersi, forti di mura immaginarie sempre più alte che li difendono da un mondo che odiano. Anche se fanno finta di amarlo.
18 dicembre 2009
da Ffwebmagazine
lunedì 21 dicembre 2009
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