sabato 5 dicembre 2009

Storia del debito pubblico italiano

Avrà pure dei genitori!




Uno dei macigni che ostacola lo sviluppo italiano è costituito dal DEBITO PUBBLICO, che esploderà dal 1979 e negli anni successivi.

Il giudizio su una classe politica non può esimersi dall'analisi dei numeri che ha lasciato ai posteri.

Il resto sono soltanto "chiacchiere".

2 commenti:

  1. Anonimo17.10.11

    la risposta la da Sergio Romano in risposta ad un lettore:
    sul Corriere della sera il 15/01/2008
    Storia del debito pubblico italiano
    Nel 1965, dopo l'impetuosa crescita economica degli anni precedenti, il debito pubblico ammontava al 35,02% del Pil (Prodotto interno lordo).
    Da allora cominciò crescere, sia pure gradualmente, sino a toccare il 57,59% quindici anni dopo. Nel 1980, quindi, l'Italia aveva un debito pubblico inferiore al 60% del Pil e compatibile con i parametri che sarebbero stati fissati dal trattato di Maastricht nel 1992 per l'unificazione monetaria dei Paesi membri dell'Unione.
    Ecco lo sviluppo della crescita negli anni seguenti.
    Nel 1983 (governi Fanfani e Craxi): 69,93%.
    Nel 1984 (governo Craxi): 74,40%.
    Nel 1985 (governo Craxi): 80,50%.
    Nel 1986 (governo Craxi): 84,50%.
    Nel 1987 (governi Craxi, Fanfani e Goria): 88,60%.
    Nel 1988 (governi Goria e De Mita): 90,50%.
    Nel 1989 (governi De Mita e Andreotti): 93,10%.
    Nel 1990 (governo Andreotti): 94,70%.
    Nel 1991 (governo Andreotti): 98%.
    Nel 1992 (governi Andreotti e Amato): 105,20%.
    Nel 1993 (Amato e Ciampi): 115,60%.
    Nel 1994 (governi Ciampi e Berlusconi): 121,50%.
    Da allora il debito ha cominciato a scendere:
    121,20% nel 1995 (governo Dini);
    120,60% nel 1996 (governi Dini e Prodi);
    118,10% nel 1997 (governo Prodi);
    114,90% nel 1998 (governi Prodi e D'Alema);
    113,70% nel 1999 (governo D'Alema);
    109,20% nel 2000 (governi D'Alema e Amato);
    108,70% nel 2001 (governi Amato e Berlusconi);
    105,55% nel 2002 (governo Berlusconi);
    104,26% nel 2003 (governo Berlusconi);
    103,90% nel 2004 (governo Berlusconi).
    Da allora ha ripreso a salire:
    106,60% nel 2005 e 106,80% nel 2006.
    I dati definitivi del 2007 sono migliori: qualche decimale in più del 104%.

    Come vede, caro Borasio, è difficile attribuire la responsabilità del debito pubblico a un particolare governo o a un particolare uomo politico. Il vero colpevole è il sistema politico, una formula che esige continui patteggiamenti e compromessi, in cui ogni decisione comporta spossanti negoziati e viene raggiunta soltanto dopo una distribuzione di compensi a tutti coloro di cui è necessario ottenere il consenso. Speravamo che i costi della democrazia consociativa fossero stati drasticamente ridotti dal bipolarismo della «Seconda Repubblica», ma abbiamo dovuto constatare che l' eterogeneità delle coalizioni produce, nel campo della economia e della finanza, gli stessi danni dei governi della Prima Repubblica. Abbiamo fatto progressi considerevoli in materia di deficit perché è quello il dato su cui Bruxelles ha gli occhi puntati. Ma il debito pubblico è una roccia a cui nessun governo italiano, sinora, ha saputo dare un decisivo colpo di scalpello.

    Romano Sergio

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  2. Anonimo17.10.11

    sul Corriere della sera il 15/01/2008
    Storia del debito pubblico italiano
    Nel 1965, dopo l'impetuosa crescita economica degli anni precedenti, il debito pubblico ammontava al 35,02% del Pil (Prodotto interno lordo).
    Da allora cominciò crescere, sia pure gradualmente, sino a toccare il 57,59% quindici anni dopo. Nel 1980, quindi, l'Italia aveva un debito pubblico inferiore al 60% del Pil e compatibile con i parametri che sarebbero stati fissati dal trattato di Maastricht nel 1992 per l'unificazione monetaria dei Paesi membri dell'Unione.
    Ecco lo sviluppo della crescita negli anni seguenti.
    Nel 1983 (governi Fanfani e Craxi): 69,93%.
    Nel 1984 (governo Craxi): 74,40%.
    Nel 1985 (governo Craxi): 80,50%.
    Nel 1986 (governo Craxi): 84,50%.
    Nel 1987 (governi Craxi, Fanfani e Goria): 88,60%.
    Nel 1988 (governi Goria e De Mita): 90,50%.
    Nel 1989 (governi De Mita e Andreotti): 93,10%.
    Nel 1990 (governo Andreotti): 94,70%.
    Nel 1991 (governo Andreotti): 98%.
    Nel 1992 (governi Andreotti e Amato): 105,20%.
    Nel 1993 (Amato e Ciampi): 115,60%.
    Nel 1994 (governi Ciampi e Berlusconi): 121,50%.
    Da allora il debito ha cominciato a scendere:
    121,20% nel 1995 (governo Dini);
    120,60% nel 1996 (governi Dini e Prodi);
    118,10% nel 1997 (governo Prodi);
    114,90% nel 1998 (governi Prodi e D'Alema);
    113,70% nel 1999 (governo D'Alema);
    109,20% nel 2000 (governi D'Alema e Amato);
    108,70% nel 2001 (governi Amato e Berlusconi);
    105,55% nel 2002 (governo Berlusconi);
    104,26% nel 2003 (governo Berlusconi);
    103,90% nel 2004 (governo Berlusconi).
    Da allora ha ripreso a salire:
    106,60% nel 2005 e 106,80% nel 2006.
    I dati definitivi del 2007 sono migliori: qualche decimale in più del 104%.

    Come vede, caro Borasio, è difficile attribuire la responsabilità del debito pubblico a un particolare governo o a un particolare uomo politico. Il vero colpevole è il sistema politico, una formula che esige continui patteggiamenti e compromessi, in cui ogni decisione comporta spossanti negoziati e viene raggiunta soltanto dopo una distribuzione di compensi a tutti coloro di cui è necessario ottenere il consenso. Speravamo che i costi della democrazia consociativa fossero stati drasticamente ridotti dal bipolarismo della «Seconda Repubblica», ma abbiamo dovuto constatare che l' eterogeneità delle coalizioni produce, nel campo della economia e della finanza, gli stessi danni dei governi della Prima Repubblica. Abbiamo fatto progressi considerevoli in materia di deficit perché è quello il dato su cui Bruxelles ha gli occhi puntati. Ma il debito pubblico è una roccia a cui nessun governo italiano, sinora, ha saputo dare un decisivo colpo di scalpello.

    Romano Sergio

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