La revisione del meccanismo europeo di stabilità (MES)
Dossier n° 26 -
22 ottobre 2019
Il Meccanismo europeo di stabilità (MES) è stato istituito nel 2012 per fornire assistenza finanziaria ai Paesi dell'Eurozona che si trovano in gravi difficoltà finanziarie o ne sono minacciati. Il MES ha affiancato e poi sostituito due strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria: il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) e il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF), istituiti originariamente per 3 anni (fino al 31 dicembre 2012), e poi prorogati fino al 30 giugno 2013.
Nel dicembre 2017 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento per la trasformazione del Meccanismo in un Fondo monetario europeo (FME), che sarebbe basato sulla struttura finanziaria e istituzionale del MES, ma ancorato all'ordinamento giuridico dell'UE. Tuttavia, allo stato attuale, la proposta sembra superata da una soluzione diversa, i cui tratti salienti sono stati decisi nell' Eurogruppo del 13 giugno 2019 e poi confermati nel successivo Vertice euro del 21 giugno, che prevedrebbe, almeno in questa fase, solamente una revisione del Trattato istitutivo del MES.
In base al Trattato istitutivo, firmato il 2 febbraio 2012 ed entrato in vigore in data 8 ottobre 2012, a seguito della ratifica dei 17 Stati membri dell'Eurozona (a cui si sono aggiunti la Lettonia, il 1° gennaio 2014 e la Lituania, il 1° gennaio 2015), il MES è costituito quale organizzazione intergovernativa nel quadro del diritto pubblico internazionale con sede in Lussemburgo. Ne sono membri tutti i Paesi dell'Eurozona che, attualmente, sono 19: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna. L'adesione al MES è comunque aperta agli altri Stati membri dell'UE - previa domanda di adesione - a decorrere dall'entrata in vigore della decisione del Consiglio dell'UE, adottata ai sensi dell'articolo 140, paragrafo 2, del TFUE, che abolisce la loro deroga di adottare l'euro. Va peraltro precisato che l'istituzione di un meccanismo permanente di stabilità dell'area euro è esplicitamente prevista dalla seguente aggiunta all'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) (entrata in vigore il 1° marzo 2013 a seguito della ratifica degli (allora) 27 Stati membri dell'UE): "Gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità." Qui sta l'originalità del MES il quale, pur avendo la natura di organizzazione intergovernativa, come detto, trova comunque la sua base giuridica nel TFUE. Di seguito, sono riportate le principali caratteristiche del Meccanismo.
Il capitale sottoscritto totale è di circa 704 miliardi di euro mentre è di circa 80 miliardi di euro il capitale versato dagli Stati membri della zona euro. La ripartizione delle quote di ciascuno Stato membro al capitale sottoscritto totale è basata sulla partecipazione al capitale versato della BCE, modificata secondo una chiave di conversione. Ogni cinque anni il capitale autorizzato è riesaminato per verificare l'eventuale necessità di adeguamenti. Le tabelle seguenti riportano il contributo al MES in percentuale e le quote di capitale per ciascuno Stato membro: con 125,3 miliardi di euro (17,7%) l'Italia è il terzo Paese per contributo al capitale del MES, dopo la Germania (190 miliardi di euro - 26,9%) e la Francia (142 miliardi di euro - 20,2%). Tra gli altri principali contributori troviamo la Spagna con 83 miliardi di euro (11,8%) e i Paesi Bassi con 40 miliardi di euro (5,6%).
La tabella seguente (terza colonna) mostra anche quanto effettivamente versato finora dai
Paesi membri (tra gli altri, Italia 14,3 miliardi di euro; Germania 21,7 miliardi; Francia 16,3
miliardi; Spagna 9,5 miliardi; Paesi Bassi 4,5 miliardi).
Il Meccanismo europeo di stabilità (MES) è stato istituito nel 2012 per fornire assistenza finanziaria ai Paesi dell'Eurozona che si trovano in gravi difficoltà finanziarie o ne sono minacciati. Il MES ha affiancato e poi sostituito due strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria: il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) e il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF), istituiti originariamente per 3 anni (fino al 31 dicembre 2012), e poi prorogati fino al 30 giugno 2013.
Nel dicembre 2017 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento per la trasformazione del Meccanismo in un Fondo monetario europeo (FME), che sarebbe basato sulla struttura finanziaria e istituzionale del MES, ma ancorato all'ordinamento giuridico dell'UE. Tuttavia, allo stato attuale, la proposta sembra superata da una soluzione diversa, i cui tratti salienti sono stati decisi nell' Eurogruppo del 13 giugno 2019 e poi confermati nel successivo Vertice euro del 21 giugno, che prevedrebbe, almeno in questa fase, solamente una revisione del Trattato istitutivo del MES.
Il regime attuale
In base al Trattato istitutivo, firmato il 2 febbraio 2012 ed entrato in vigore in data 8 ottobre 2012, a seguito della ratifica dei 17 Stati membri dell'Eurozona (a cui si sono aggiunti la Lettonia, il 1° gennaio 2014 e la Lituania, il 1° gennaio 2015), il MES è costituito quale organizzazione intergovernativa nel quadro del diritto pubblico internazionale con sede in Lussemburgo. Ne sono membri tutti i Paesi dell'Eurozona che, attualmente, sono 19: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna. L'adesione al MES è comunque aperta agli altri Stati membri dell'UE - previa domanda di adesione - a decorrere dall'entrata in vigore della decisione del Consiglio dell'UE, adottata ai sensi dell'articolo 140, paragrafo 2, del TFUE, che abolisce la loro deroga di adottare l'euro. Va peraltro precisato che l'istituzione di un meccanismo permanente di stabilità dell'area euro è esplicitamente prevista dalla seguente aggiunta all'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) (entrata in vigore il 1° marzo 2013 a seguito della ratifica degli (allora) 27 Stati membri dell'UE): "Gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità." Qui sta l'originalità del MES il quale, pur avendo la natura di organizzazione intergovernativa, come detto, trova comunque la sua base giuridica nel TFUE. Di seguito, sono riportate le principali caratteristiche del Meccanismo.
Capitale
Il capitale sottoscritto totale è di circa 704 miliardi di euro mentre è di circa 80 miliardi di euro il capitale versato dagli Stati membri della zona euro. La ripartizione delle quote di ciascuno Stato membro al capitale sottoscritto totale è basata sulla partecipazione al capitale versato della BCE, modificata secondo una chiave di conversione. Ogni cinque anni il capitale autorizzato è riesaminato per verificare l'eventuale necessità di adeguamenti. Le tabelle seguenti riportano il contributo al MES in percentuale e le quote di capitale per ciascuno Stato membro: con 125,3 miliardi di euro (17,7%) l'Italia è il terzo Paese per contributo al capitale del MES, dopo la Germania (190 miliardi di euro - 26,9%) e la Francia (142 miliardi di euro - 20,2%). Tra gli altri principali contributori troviamo la Spagna con 83 miliardi di euro (11,8%) e i Paesi Bassi con 40 miliardi di euro (5,6%).
Governance e processo decisionale
È costituito da un Consiglio dei governatori (composto dai Ministri responsabili delle finanze degli Stati membri della zona euro e presieduto dal Presidente dell'Eurogruppo) e anche da un consiglio di amministrazione (composto da 19 amministratori nominati dai governatori tra persone di elevata competenza in materia economica e finanziaria) e da un direttore generale.
( Ndr : tutta gente "scelta" e non votata ! ) Le decisioni più importanti, comprese quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria agli Stati membri, sono adottate dal Consiglio dei governatori secondo la regola del comune accordo (unanimità dei membri partecipanti alla votazione, senza contare le eventuali astensioni); tuttavia, al fine di garantire efficacia al sistema decisionale, è previsto il voto a maggioranza qualificata dell'85% del capitale qualora la Commissione e la BCE decidano che occorrono decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica della zona euro. Ciascuno Stato membro ha un numero di diritti di voto pari alla quota di contribuzione al capitale versato.
Assistenza finanziaria
L'accesso all'assistenza finanziaria del MES, previa domanda da parte di uno Stato membro, viene offerto solo nel caso in cui la situazione minacci la stabilità finanziaria dell'intera zona euro e degli Stati membri che ne fanno parte e sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto (possono ricomprendere misure di politica di bilancio, economica e finanziaria). Tali condizioni possono spaziare da un programma di aggiustamento macroeconomico (in caso di ricorso a prestiti) al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite. Le condizioni sono definite in un memorandum d'intesa firmato dallo Stato interessato e dalla Commissione europea. Prima di definire il memorandum d'intesa, la Commissione europea, di concerto con la BCE - e, se opportuno e possibile, insieme al Fondo monetario internazionale (FMI) – valuta anche la sostenibilità del debito pubblico dello Stato interessato. ( Ndr : che cjazzecca il FMI ? ) È prevista anche la possibilità di integrare la capacità di prestito del MES attraverso la partecipazione del FMI alle operazioni di assistenza finanziaria Inoltre, gli Stati membri dell'UE non facenti parte dell'Eurozona possono partecipare, su base ad hoc, a fianco del MES, a un'operazione di sostegno alla stabilità prevista a favore di Stati membri dell'Eurozona.
Tipologie di interventi
ll MES ha a disposizione diversi strumenti di assistenza finanziaria. Può infatti: concedere prestiti ai propri membri; fornire assistenza finanziaria precauzionale sotto forma di linea di credito condizionale precauzionale o sotto forma di linea di credito soggetto a condizioni rafforzate; acquistare titoli degli Stati membri beneficiari sul mercato primario e secondario; finanziare la ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie o ricorrendo a prestiti ai Governi (ricapitalizzazione indiretta) o mediante lo strumento per la ricapitalizzazione diretta introdotto nel dicembre 2014 Nel concedere un sostegno alla stabilità, il MES persegue la completa copertura dei costi operativi e di finanziamento e vi include un margine adeguato. Il MES ha una capacità minima di prestito pari a 500 miliardi di euro, soggetta a verifica periodica almeno ogni cinque anni.
Il MES raccoglie fondi emettendo strumenti del mercato monetario nonché debito a medio e lungo termine con scadenze fino a un massimo di 30 anni; può anche concludere accordi con i propri membri, con istituzioni finanziarie o altre parti. I prestiti del MES fruiscono dello status di creditore privilegiato in modo analogo a quelli del FMI (tuttavia, lo status di creditore privilegiato del FMI prevale su quello del MES); inoltre, gli Stati membri della zona euro sostengono l'equivalenza tra lo status di creditore del MES e quello di altri Stati concedenti credito su base bilaterale di concerto con il MES.
Gestione finanziaria
Il consiglio di amministrazione può decidere di distribuire un dividendo ai membri del MES ove l'ammontare del capitale versato e del fondo di riserva superino il livello determinato per garantire la capacità di erogazione dei prestiti del MES e allorquando i profitti dell'investimento non siano necessari per sopperire alla carenza di fondi per rimborsare i creditori. I dividendi sono distribuiti in proporzione agli apporti di capitale. Per quanto riguarda, invece, la gestione delle eventuali perdite derivanti dalle operazioni del MES, esse sono imputate in conto, in primo luogo, al fondo di riserva, in secondo luogo al capitale versato e, infine, al capitale autorizzato non versato.
Controllo post-programma
Al termine di un programma di assistenza finanziaria, la Commissione europea e la BCE eseguono missioni di controllo post-programma, alle quali partecipa anche il FMI se ha contribuito finanziariamente al programma medesimo. Tali missioni devono valutare se lo Stato che ha beneficiato dell'assistenza finanziaria continui ad attuare politiche solide e se sussista il rischio che non sia in grado di rimborsare i prestiti ricevuti.
I programmi di assistenza finanziaria
Allo stato attuale non vi sono programmi di assistenza finanziaria attivi. L'ultimo programma attivo - il programma per la Grecia - si è concluso nell'agosto 2018. Nel corso degli anni sono stati, tuttavia, cinque i Paesi che hanno beneficiato dell'assistenza fornita dai vari meccanismi di sostegno finanziario: Cipro, Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna (anche se il MES ha fornito assistenza finanziaria soltanto a Cipro, Grecia e Spagna). Di seguito, un sintetico resoconto, tratto dal sito del MES, dei Paesi che hanno ricevuto l'assistenza finanziaria:
Cipro: nell'ambito di un programma triennale di aggiustamento macroeconomico (aprile 2013-marzo 2016) da parte del MES per un totale di 6,3 miliardi di euro (circa un miliardo di euro è stato altresì erogato dal FMI);
Grecia: nell'ambito di tre programmi di aggiustamento macroeconomico (2010-2013, 2012- 2014 e 2015-2018) - da parte del meccanismo di prestito alla Grecia, del FESF, del MESF e del MES. Nel quadro del primo programma ha ricevuto assistenza finanziaria per un totale di 52,9 miliardi di euro; nel secondo programma per un totale di 141,8 miliardi di euro; nel terzo programma per un totale di 61,9 miliardi di euro (il FMI ha inoltre erogato un volume totale di prestiti di 32,1 miliardi di euro) ( Ndr : sono quelli che l' On. Massimo D'Alema asserisce sia serviti a soddisfare i debiti verso le banche Tedesche e Franzesi );
Massimo D'Alema e il caso Grecia
Irlanda: nell'ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico (2010-2013) - da parte del MESF e del FESF, per un totale di 17,7 miliardi di euro (il totale dei finanziamenti è stato tuttavia di 67,5 miliardi di euro se si contano anche i 22,5 miliardi di euro erogati dal FMI e ciò che è stato fornito dall'UE e da alcuni singoli Stati membri dell'UE); Spagna: per la ricapitalizzazione del proprio settore bancario (2012-2014) - da parte del MES - per un totale di 41,3 miliardi di euro;
Portogallo: nell'ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico (2011-2014) - da parte del FESF, per un totale di 26 miliardi di euro (l'assistenza finanziaria al Portogallo include anche 26 miliardi di prestiti dal FMI e 26 miliardi di euro dal MESF).
Il grafico seguente (Fonte sito del MES) riporta una panoramica (escluso il primo programma di assistenza alla Grecia) di quanto sopra descritto: in blu l'importo totale erogato (inclusi gli importi trattenuti anticipatamente: margine prepagato, commissione di servizio – in rosso) e in giallo l'importo finora rimborsato (Grecia: programma 2012-2015, 10,93 miliardi; programma 2015- 2018, 2,08 miliardi; Spagna: 17,61 miliardi).
In base ai dati del MES, l'importo totale dei prestiti erogati da MES/FESF è pari a 295 miliardi di
euro; inoltre, a seguito degli interventi di assistenza finanziaria effettuati, la capacità di prestito
rimanente del Meccanismo è pari a 410 miliardi di euro (82%).
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Nell'ambito di un pacchetto di misure volto a riformare l'Unione economica e monetaria, nel dicembre 2017 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento finalizzata a trasformare il MES in un Fondo monetario europeo (FME). In base alla proposta della Commissione europea, il FME preserverebbe l'attuale struttura finanziaria e istituzionale del MES ma sarebbe incluso nel quadro giuridico dell'Unione. Il FME continuerebbe, quindi, a fornire sostegno per la stabilità finanziaria agli Stati membri in difficoltà, a raccogliere fondi attraverso l'emissione di strumenti del mercato dei capitali e a effettuare operazioni sul mercato monetario; le modalità di adesione non cambierebbero e la partecipazione di altri Stati membri rimarrebbe possibile, una volta che avranno aderito all'euro. Inoltre, il FME sarebbe sempre dotato di un Consiglio dei governatori (presieduto dal Presidente dell'Eurogruppo) e di un consiglio di amministrazione, nonché di un direttore generale. Rimarrebbero inalterati il capitale autorizzato iniziale (704 miliardi di euro), il modello di contribuzione e la capacità di prestito iniziale (almeno 500 miliardi di euro). Le operazioni di assistenza finanziaria sarebbero, altresì, sempre soggette al rispetto di rigorose condizionalità e resterebbe l'analisi della sostenibilità del debito. La proposta introduce, però, alcune novità; in particolare, il FME: sembrerebbe mantenere invariate le categorie di regole di voto sancite dal Trattato del MES. Si distinguono, infatti, quattro tipi di regole di voto: unanimità; maggioranza qualificata rafforzata (85%), maggioranza qualificata (80%) e maggioranza semplice. Tuttavia se, come nel vigente Trattato del MES, l'unanimità sarebbe mantenuta per le decisioni che hanno un impatto finanziario diretto sugli Stati membri (ad esempio decisioni relative alla capacità di prestito o ai richiami di capitale non necessari con urgenza), le decisioni relative alla concessione di contributi finanziari o esborsi ai membri dell'FME non sarebbero più prese di comune accordo bensì a maggioranza qualificata rafforzata (85%). Inoltre, diversamente dall'attuale processo di nomina del direttore generale, sarebbe previsto un ruolo consultivo per il Parlamento europeo; il Consiglio dovrebbe approvare le decisioni discrezionali prese dal Consiglio dei governatori e dal Consiglio di amministrazione; fornirebbe il sostegno comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico, sotto forma di una linea di credito o di garanzie. Tale Fondo è finanziato con i contributi delle banche raccolti a livello nazionale e messi in comune a livello dell'Unione e dovrebbe essere utilizzato per la risoluzione delle banche in dissesto quando sono esaurite le altre opzioni, ad esempio lo strumento del bail-in. ( NDR : le banche tedesche fra i migliori candidati) L'importo disponibile ai fini del sostegno al Fondo sarebbe soggetto a un massimale di 60 milioni di euro, che può essere aumentato. potrebbe concedere assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione diretta degli enti creditizi che sono di rilevanza sistemica o che rappresentano una grave minaccia per la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso o per il membro del FME richiedente; sarebbe più direttamente coinvolto, per quanto riguarda la gestione dei programmi di assistenza finanziaria, accanto alla Commissione europea, nella negoziazione e nella firma del protocollo d'intesa; vedrebbe inserito al suo interno un esplicito riferimento all'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE nelle attività del futuro FME (di conseguenza, la concessione dell'assistenza finanziaria sarebbe condizionata al rispetto dei diritti tutelati nella Carta); dovrebbe presentare una relazione annuale sullo svolgimento dei suoi compiti al Parlamento europeo e il Parlamento europeo dovrebbe avere la facoltà, tra l'altro, di rivolgere interrogazioni orali e scritte e di organizzare audizioni, inoltre, i Parlamenti nazionali avrebbero il diritto di essere informati sulle attività del FME e di dialogare con il FME; nel medio-lungo periodo potrebbe dotarsi di nuovi strumenti finanziari, ad esempio per 7 sostenere un'eventuale funzione di stabilizzazione per affrontare gli shock asimmetrici. Nella XVII legislatura, le Commissioni riunite V bilancio e XIV politiche dell'UE della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 7 febbraio 2018, avevano invitato le Istituzioni europee a valutare l'opportunità di attribuire al FME la capacità di collocare titoli anche sul mercato primario e non solo a banche e istituzioni finanziarie, al fine di potenziarne le possibilità di raccolta di capitale, adottando le necessarie precauzioni a tutela dei risparmiatori.
La suddetta proposta della Commissione europea appare superata da una soluzione, tuttora in corso di definizione, che prevede soltanto una revisione del Trattato del MES. Facendo seguito al mandato ricevuto dal Vertice euro del 14 dicembre 2018, infatti, l'Eurogruppo del 13 giugno 2019 ha raggiunto un accordo sulla revisione del Trattato del MES, i cui principali contenuti sono riportati in una lettera del Presidente Centeno indirizzata al Presidente del Consiglio. Il successivo Vertice euro del 21 giugno ha preso atto dell'accordo e ha chiesto all'Eurogruppo di proseguire i lavori in modo da consentire il raggiungimento di un accordo sull'intero pacchetto nel dicembre 2019 così da consentire un immediato avvio del processo di ratifica negli Stati membri. Le modifiche concordate al trattato del MES (che non sembrerebbero introdurre novità per quanto concerne le regole di voto, sia per le maggioranze che per i quorum di presenza, contrariamente a quanto avviene, come detto, nella proposta della Commissione sul FME) sarebbero, in particolare, le seguenti: analogamente a quanto previsto dalla suddetta proposta di riforma della Commissione europea, il MES, oltre a supportare la risoluzione delle crisi relative alle finanze pubbliche degli Stati membri, fornirebbe anche la garanzia comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico delle banche sotto forma di linea di credito rotativo. Il Consiglio dei governatori deciderebbe se concedere la linea di credito, mentre le decisioni su prestiti ed erogazioni dovrebbero essere prese dal Consiglio di amministrazione secondo la regola del comune accordo, sulla base dei criteri elencati nell'allegato IV del Trattato revisionato. Il backstop dovrebbe essere attivato come garanzia di ultima istanza. Il Consiglio di amministrazione potrebbe prendere una decisione a maggioranza qualificata (85% dei voti espressi) se la Commissione europea e la BCE concludono che la mancata adozione urgente di una decisione minaccerebbe la sostenibilità economica e finanziaria dell'Eurozona. Il backstop dovrebbe anche sostituire l'attuale strumento di ricapitalizzazione diretta delle istituzioni finanziarie. Inoltre, potrebbe essere introdotto anticipatamente (e non entro il 1° gennaio 2024), a condizione che siano stati fatti sufficienti progressi nella riduzione dei rischi, da valutare nel 2020; anche in questo caso, analogamente a quanto previsto dalla proposta della Commissione europea, una posizione comune dovrebbe stabilire le nuove modalità di cooperazione tra il MES e la Commissione europea all'interno e all'esterno dei programmi di assistenza finanziaria, nel pieno rispetto del quadro giuridico dell'UE; Nel novembre 2018 MES e Commissione europea hanno firmato una posizione comune sulla loro futura cooperazione, nella quale si prospetta che l'effettiva ripartizione dei compiti dipenderà dall'esatta portata dei criteri di ammissibilità e dalla condizionalità ancora da definire. Commissione e MES dovrebbero procedere ad incontri periodici e scambi di informazioni in relazione alle loro specifiche competenze. Nella preparazione dell'assistenza finanziaria, la Commissione dovrebbe assicurare la coerenza fra le misure adottate e il quadro di coordinamento della politica economica europea, lavorando sulla base delle proprie previsioni di crescita e delle ulteriori stime effettuate, mentre il MES dovrebbe valutare, nella prospettiva del creditore, le potenzialità di accesso al mercato da parte degli Stati membri e i relativi rischi. Nel caso in cui la collaborazione non dovesse portare a una posizione comune, alla Commissione europea spetterebbe la valutazione generale sulla sostenibilità del debito pubblico mentre al MES quella della capacità di rimborso del prestito da parte dello Stato membro interessato. Per quanto riguarda la negoziazione della condizionalità e il successivo monitoraggio, il MES e la Commissione dovrebbero definire la loro collaborazione in un memorandum d'intesa (MoU), preservando il ruolo e le prerogative istituzionali derivanti dai trattati. Il percorso di definizione degli accordi di cooperazione dovrebbe concludersi entro il dicembre del 2019 e la posizione comune dovrebbe essere aggiornata a seguito dell'adozione delle modifiche al trattato del MES; verrebbe specificato che il MES e la Commissione europea, in collaborazione con la BCE, avrebbero il compito di monitorare e valutare il quadro macroeconomico e la situazione finanziaria dei suoi membri, compresa la sostenibilità del debito pubblico; tale attività si svolgerebbe in via preventiva, indipendentemente da richieste di sostegno e ad a uso esclusivamente interno, per mettere poi il MES nelle condizioni di rispondere tempestivamente alle eventuali richieste, o comunque successivamente alla formale presentazione di una richiesta di supporto finanziario. In quest'ultimo caso, la valutazione dovrebbe eseguirsi in modo trasparente e prevedibile, pur consentendo un margine sufficiente di giudizio; Nella Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'UE per il 2019, il Governo affermava che "l'Italia sarà favorevole ad iniziative volte a migliorare l'efficacia degli strumenti esistenti, rendendone possibile l'utilizzo ed evitando l'attuale effetto "stigma", ma si opporrà all'affidamento al MES di compiti di sorveglianza macroeconomica degli Stati membri che rappresenterebbero una duplicazione delle competenze già in capo alla Commissione europea". sarebbero riformate le clausole d'azione collettiva con l'introduzione, a partire dal 1° gennaio 2022, anche delle clausole d'azione collettiva con approvazione a maggioranza unica (single limb CACs). Rispetto alle clausole d'azione collettiva a doppia maggioranza (dual limb CACs) attualmente previste, le single limb CACs semplificherebbero la procedura per ristrutturare il debito di un Paese; Da più parti è stato segnalato che tale modifica potrebbe essere controbilanciata da un aumento dei premi di rischio per il collocamento dei titoli di Stato di Paesi con debito elevato come l'Italia. circa l'assistenza finanziaria precauzionale (ovvero l'apertura di linee di credito a Paesi che ne fanno richiesta), sarebbero mantenute le due linee di credito vigenti (precauzionale e a condizioni rafforzate), ma si specificherebbe che esse potrebbero essere attivate a sostegno dei Paesi con una situazione economica e finanziaria solida - ma alle prese con uno shock avverso al di fuori del loro controllo - e con un debito pubblico considerato sostenibile e a seconda del rispetto o meno di determinati criteri specificati nell'allegato III del Trattato revisionato. La linea di credito condizionale precauzionale (PCCL) sarebbe limitata ai Paesi in grado di soddisfare una serie di criteri che appaiono più dettagliati rispetto a quanto previsto dal regime vigente. Per tali Paesi, si richiederebbe la sola firma di una lettera di intenti (e non di un memorandum d'intesa) con la quale essi si impegnerebbero a continuare a soddisfare tali criteri (il cui rispetto dovrebbe essere valutato almeno ogni sei mesi). Si specificherebbe anche che alla Commissione europea sarebbe affidato il compito di valutare se le intenzioni politiche contenute nella lettera di intenti sono pienamente coerenti con il diritto dell'UE. I criteri sarebbero: a) non essere soggetto alla procedura per disavanzi eccessivi e rispettare i seguenti parametri quantitativi di bilancio nei due anni precedenti la richiesta di assistenza finanziaria: un disavanzo inferiore al 3% del PIL; un saldo di bilancio strutturale pari o superiore al valore di riferimento minimo specifico per Paese; un rapporto debito/PIL inferiore al 60% del PIL o una riduzione di questo rapporto di 1/20 all'anno); b) l'assenza di squilibri eccessivi nel quadro della sorveglianza macroeconomica dell'UE; c) l'accesso ai mercati dei capitali internazionali, ove pertinente, a condizioni ragionevoli; d) una posizione sull'estero sostenibile; e) l'assenza di gravi vulnerabilità del settore finanziario che mettono a rischio la stabilità finanziaria. La linea di credito soggetta a condizioni rafforzate (ECCL), invece, sarebbe aperta ai membri del MES che non sono ammissibili alla PCCL, a causa della non conformità rispetto ai suddetti criteri di ammissibilità (ma la cui situazione economica e finanziaria rimanga comunque forte e il cui debito pubblico sia considerato sostenibile). Il Paese richiedente dovrebbe firmare, in tal caso, un memorandum d'intesa (MoU) impegnandosi a intervenire con le necessarie riforme nelle proprie aree di vulnerabilità. Pertanto, mentre la PCCL si baserebbe sulla definizione unilaterale degli interventi da porre in essere per la risoluzione della crisi alla base della richiesta di supporto, la ECCL si fonderebbe sulla negoziazione della condizionalità, da graduare in ragione dell'intensità dell'intervento, con una sostanziale partecipazione della Commissione, del MES e della BCE alla definizione degli interventi da realizzare ai fini della risoluzione della crisi. Al riguardo, si osserva che andrebbe meglio chiarita la portata delle modifiche prospettate e, in particolare, il loro impatto potenziale per l'Italia. Si tratterebbe di capire se le nuove regole - che, come detto, sembrano prospettare due diversi regimi, a seconda del soddisfacimento o meno di determinati requisiti - possano prefigurare un effettivo aggravio per Paesi che, come l'Italia, non soddisfano i suddetti criteri per accedere alla linea di credito condizionale precauzionale. Nelle rispettive sedute del 19 giugno 2019, dedicate alle Comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno, la Camera e il Senato hanno approvato le risoluzioni 6-00076 (Nuova formulazione) Molinari, D'Uva, e 6-00065 Patuanelli, Romeo, di identico contenuto, nelle quali, tra l'altro, si impegna il Governo «in ordine alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, a non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti, e che minino le prerogative della Commissione europea in materia di sorveglianza fiscale» e a «render note alle Camere le proposte di modifica al trattato MES, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato». Inoltre, le risoluzioni hanno chiesto al Governo di impegnarsi a promuovere, in sede europea, una valutazione congiunta dei tre elementi del pacchetto di approfondimento dell'unione economica e monetaria (riforma del Trattato del MES, schema europeo di garanzia sui depositi (EDIS) e Strumento per la competitività e la convergenza della zona euro), riservandosi di esprimere la valutazione finale solo all'esito della dettagliata definizione di tutte le varie componenti del pacchetto, favorendo il cosiddetto «package approach», che possa consentire una condivisione politica di tutte le misure interessate, secondo una logica di equilibrio complessivo. Proprio con riferimento alle suddette risoluzioni parlamentari, il Presidente del Consiglio Conte ha dichiarato che l'Italia non può concedere sul fronte del MES senza ottenere anche sugli altri fronti e che, per tale ragione, al Consiglio europeo di giugno 2019 ha fatto inserire un preciso riferimento condizionante per quanto riguarda l'applicazione dell'intero pacchetto.
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La proposta della Commissione europea per un Fondo monetario europeo (FME)
Nell'ambito di un pacchetto di misure volto a riformare l'Unione economica e monetaria, nel dicembre 2017 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento finalizzata a trasformare il MES in un Fondo monetario europeo (FME). In base alla proposta della Commissione europea, il FME preserverebbe l'attuale struttura finanziaria e istituzionale del MES ma sarebbe incluso nel quadro giuridico dell'Unione. Il FME continuerebbe, quindi, a fornire sostegno per la stabilità finanziaria agli Stati membri in difficoltà, a raccogliere fondi attraverso l'emissione di strumenti del mercato dei capitali e a effettuare operazioni sul mercato monetario; le modalità di adesione non cambierebbero e la partecipazione di altri Stati membri rimarrebbe possibile, una volta che avranno aderito all'euro. Inoltre, il FME sarebbe sempre dotato di un Consiglio dei governatori (presieduto dal Presidente dell'Eurogruppo) e di un consiglio di amministrazione, nonché di un direttore generale. Rimarrebbero inalterati il capitale autorizzato iniziale (704 miliardi di euro), il modello di contribuzione e la capacità di prestito iniziale (almeno 500 miliardi di euro). Le operazioni di assistenza finanziaria sarebbero, altresì, sempre soggette al rispetto di rigorose condizionalità e resterebbe l'analisi della sostenibilità del debito. La proposta introduce, però, alcune novità; in particolare, il FME: sembrerebbe mantenere invariate le categorie di regole di voto sancite dal Trattato del MES. Si distinguono, infatti, quattro tipi di regole di voto: unanimità; maggioranza qualificata rafforzata (85%), maggioranza qualificata (80%) e maggioranza semplice. Tuttavia se, come nel vigente Trattato del MES, l'unanimità sarebbe mantenuta per le decisioni che hanno un impatto finanziario diretto sugli Stati membri (ad esempio decisioni relative alla capacità di prestito o ai richiami di capitale non necessari con urgenza), le decisioni relative alla concessione di contributi finanziari o esborsi ai membri dell'FME non sarebbero più prese di comune accordo bensì a maggioranza qualificata rafforzata (85%). Inoltre, diversamente dall'attuale processo di nomina del direttore generale, sarebbe previsto un ruolo consultivo per il Parlamento europeo; il Consiglio dovrebbe approvare le decisioni discrezionali prese dal Consiglio dei governatori e dal Consiglio di amministrazione; fornirebbe il sostegno comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico, sotto forma di una linea di credito o di garanzie. Tale Fondo è finanziato con i contributi delle banche raccolti a livello nazionale e messi in comune a livello dell'Unione e dovrebbe essere utilizzato per la risoluzione delle banche in dissesto quando sono esaurite le altre opzioni, ad esempio lo strumento del bail-in. ( NDR : le banche tedesche fra i migliori candidati) L'importo disponibile ai fini del sostegno al Fondo sarebbe soggetto a un massimale di 60 milioni di euro, che può essere aumentato. potrebbe concedere assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione diretta degli enti creditizi che sono di rilevanza sistemica o che rappresentano una grave minaccia per la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso o per il membro del FME richiedente; sarebbe più direttamente coinvolto, per quanto riguarda la gestione dei programmi di assistenza finanziaria, accanto alla Commissione europea, nella negoziazione e nella firma del protocollo d'intesa; vedrebbe inserito al suo interno un esplicito riferimento all'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE nelle attività del futuro FME (di conseguenza, la concessione dell'assistenza finanziaria sarebbe condizionata al rispetto dei diritti tutelati nella Carta); dovrebbe presentare una relazione annuale sullo svolgimento dei suoi compiti al Parlamento europeo e il Parlamento europeo dovrebbe avere la facoltà, tra l'altro, di rivolgere interrogazioni orali e scritte e di organizzare audizioni, inoltre, i Parlamenti nazionali avrebbero il diritto di essere informati sulle attività del FME e di dialogare con il FME; nel medio-lungo periodo potrebbe dotarsi di nuovi strumenti finanziari, ad esempio per 7 sostenere un'eventuale funzione di stabilizzazione per affrontare gli shock asimmetrici. Nella XVII legislatura, le Commissioni riunite V bilancio e XIV politiche dell'UE della Camera dei deputati, nel documento finale approvato il 7 febbraio 2018, avevano invitato le Istituzioni europee a valutare l'opportunità di attribuire al FME la capacità di collocare titoli anche sul mercato primario e non solo a banche e istituzioni finanziarie, al fine di potenziarne le possibilità di raccolta di capitale, adottando le necessarie precauzioni a tutela dei risparmiatori.
La revisione del Trattato istitutivo
La suddetta proposta della Commissione europea appare superata da una soluzione, tuttora in corso di definizione, che prevede soltanto una revisione del Trattato del MES. Facendo seguito al mandato ricevuto dal Vertice euro del 14 dicembre 2018, infatti, l'Eurogruppo del 13 giugno 2019 ha raggiunto un accordo sulla revisione del Trattato del MES, i cui principali contenuti sono riportati in una lettera del Presidente Centeno indirizzata al Presidente del Consiglio. Il successivo Vertice euro del 21 giugno ha preso atto dell'accordo e ha chiesto all'Eurogruppo di proseguire i lavori in modo da consentire il raggiungimento di un accordo sull'intero pacchetto nel dicembre 2019 così da consentire un immediato avvio del processo di ratifica negli Stati membri. Le modifiche concordate al trattato del MES (che non sembrerebbero introdurre novità per quanto concerne le regole di voto, sia per le maggioranze che per i quorum di presenza, contrariamente a quanto avviene, come detto, nella proposta della Commissione sul FME) sarebbero, in particolare, le seguenti: analogamente a quanto previsto dalla suddetta proposta di riforma della Commissione europea, il MES, oltre a supportare la risoluzione delle crisi relative alle finanze pubbliche degli Stati membri, fornirebbe anche la garanzia comune (backstop) al Fondo di risoluzione unico delle banche sotto forma di linea di credito rotativo. Il Consiglio dei governatori deciderebbe se concedere la linea di credito, mentre le decisioni su prestiti ed erogazioni dovrebbero essere prese dal Consiglio di amministrazione secondo la regola del comune accordo, sulla base dei criteri elencati nell'allegato IV del Trattato revisionato. Il backstop dovrebbe essere attivato come garanzia di ultima istanza. Il Consiglio di amministrazione potrebbe prendere una decisione a maggioranza qualificata (85% dei voti espressi) se la Commissione europea e la BCE concludono che la mancata adozione urgente di una decisione minaccerebbe la sostenibilità economica e finanziaria dell'Eurozona. Il backstop dovrebbe anche sostituire l'attuale strumento di ricapitalizzazione diretta delle istituzioni finanziarie. Inoltre, potrebbe essere introdotto anticipatamente (e non entro il 1° gennaio 2024), a condizione che siano stati fatti sufficienti progressi nella riduzione dei rischi, da valutare nel 2020; anche in questo caso, analogamente a quanto previsto dalla proposta della Commissione europea, una posizione comune dovrebbe stabilire le nuove modalità di cooperazione tra il MES e la Commissione europea all'interno e all'esterno dei programmi di assistenza finanziaria, nel pieno rispetto del quadro giuridico dell'UE; Nel novembre 2018 MES e Commissione europea hanno firmato una posizione comune sulla loro futura cooperazione, nella quale si prospetta che l'effettiva ripartizione dei compiti dipenderà dall'esatta portata dei criteri di ammissibilità e dalla condizionalità ancora da definire. Commissione e MES dovrebbero procedere ad incontri periodici e scambi di informazioni in relazione alle loro specifiche competenze. Nella preparazione dell'assistenza finanziaria, la Commissione dovrebbe assicurare la coerenza fra le misure adottate e il quadro di coordinamento della politica economica europea, lavorando sulla base delle proprie previsioni di crescita e delle ulteriori stime effettuate, mentre il MES dovrebbe valutare, nella prospettiva del creditore, le potenzialità di accesso al mercato da parte degli Stati membri e i relativi rischi. Nel caso in cui la collaborazione non dovesse portare a una posizione comune, alla Commissione europea spetterebbe la valutazione generale sulla sostenibilità del debito pubblico mentre al MES quella della capacità di rimborso del prestito da parte dello Stato membro interessato. Per quanto riguarda la negoziazione della condizionalità e il successivo monitoraggio, il MES e la Commissione dovrebbero definire la loro collaborazione in un memorandum d'intesa (MoU), preservando il ruolo e le prerogative istituzionali derivanti dai trattati. Il percorso di definizione degli accordi di cooperazione dovrebbe concludersi entro il dicembre del 2019 e la posizione comune dovrebbe essere aggiornata a seguito dell'adozione delle modifiche al trattato del MES; verrebbe specificato che il MES e la Commissione europea, in collaborazione con la BCE, avrebbero il compito di monitorare e valutare il quadro macroeconomico e la situazione finanziaria dei suoi membri, compresa la sostenibilità del debito pubblico; tale attività si svolgerebbe in via preventiva, indipendentemente da richieste di sostegno e ad a uso esclusivamente interno, per mettere poi il MES nelle condizioni di rispondere tempestivamente alle eventuali richieste, o comunque successivamente alla formale presentazione di una richiesta di supporto finanziario. In quest'ultimo caso, la valutazione dovrebbe eseguirsi in modo trasparente e prevedibile, pur consentendo un margine sufficiente di giudizio; Nella Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'UE per il 2019, il Governo affermava che "l'Italia sarà favorevole ad iniziative volte a migliorare l'efficacia degli strumenti esistenti, rendendone possibile l'utilizzo ed evitando l'attuale effetto "stigma", ma si opporrà all'affidamento al MES di compiti di sorveglianza macroeconomica degli Stati membri che rappresenterebbero una duplicazione delle competenze già in capo alla Commissione europea". sarebbero riformate le clausole d'azione collettiva con l'introduzione, a partire dal 1° gennaio 2022, anche delle clausole d'azione collettiva con approvazione a maggioranza unica (single limb CACs). Rispetto alle clausole d'azione collettiva a doppia maggioranza (dual limb CACs) attualmente previste, le single limb CACs semplificherebbero la procedura per ristrutturare il debito di un Paese; Da più parti è stato segnalato che tale modifica potrebbe essere controbilanciata da un aumento dei premi di rischio per il collocamento dei titoli di Stato di Paesi con debito elevato come l'Italia. circa l'assistenza finanziaria precauzionale (ovvero l'apertura di linee di credito a Paesi che ne fanno richiesta), sarebbero mantenute le due linee di credito vigenti (precauzionale e a condizioni rafforzate), ma si specificherebbe che esse potrebbero essere attivate a sostegno dei Paesi con una situazione economica e finanziaria solida - ma alle prese con uno shock avverso al di fuori del loro controllo - e con un debito pubblico considerato sostenibile e a seconda del rispetto o meno di determinati criteri specificati nell'allegato III del Trattato revisionato. La linea di credito condizionale precauzionale (PCCL) sarebbe limitata ai Paesi in grado di soddisfare una serie di criteri che appaiono più dettagliati rispetto a quanto previsto dal regime vigente. Per tali Paesi, si richiederebbe la sola firma di una lettera di intenti (e non di un memorandum d'intesa) con la quale essi si impegnerebbero a continuare a soddisfare tali criteri (il cui rispetto dovrebbe essere valutato almeno ogni sei mesi). Si specificherebbe anche che alla Commissione europea sarebbe affidato il compito di valutare se le intenzioni politiche contenute nella lettera di intenti sono pienamente coerenti con il diritto dell'UE. I criteri sarebbero: a) non essere soggetto alla procedura per disavanzi eccessivi e rispettare i seguenti parametri quantitativi di bilancio nei due anni precedenti la richiesta di assistenza finanziaria: un disavanzo inferiore al 3% del PIL; un saldo di bilancio strutturale pari o superiore al valore di riferimento minimo specifico per Paese; un rapporto debito/PIL inferiore al 60% del PIL o una riduzione di questo rapporto di 1/20 all'anno); b) l'assenza di squilibri eccessivi nel quadro della sorveglianza macroeconomica dell'UE; c) l'accesso ai mercati dei capitali internazionali, ove pertinente, a condizioni ragionevoli; d) una posizione sull'estero sostenibile; e) l'assenza di gravi vulnerabilità del settore finanziario che mettono a rischio la stabilità finanziaria. La linea di credito soggetta a condizioni rafforzate (ECCL), invece, sarebbe aperta ai membri del MES che non sono ammissibili alla PCCL, a causa della non conformità rispetto ai suddetti criteri di ammissibilità (ma la cui situazione economica e finanziaria rimanga comunque forte e il cui debito pubblico sia considerato sostenibile). Il Paese richiedente dovrebbe firmare, in tal caso, un memorandum d'intesa (MoU) impegnandosi a intervenire con le necessarie riforme nelle proprie aree di vulnerabilità. Pertanto, mentre la PCCL si baserebbe sulla definizione unilaterale degli interventi da porre in essere per la risoluzione della crisi alla base della richiesta di supporto, la ECCL si fonderebbe sulla negoziazione della condizionalità, da graduare in ragione dell'intensità dell'intervento, con una sostanziale partecipazione della Commissione, del MES e della BCE alla definizione degli interventi da realizzare ai fini della risoluzione della crisi. Al riguardo, si osserva che andrebbe meglio chiarita la portata delle modifiche prospettate e, in particolare, il loro impatto potenziale per l'Italia. Si tratterebbe di capire se le nuove regole - che, come detto, sembrano prospettare due diversi regimi, a seconda del soddisfacimento o meno di determinati requisiti - possano prefigurare un effettivo aggravio per Paesi che, come l'Italia, non soddisfano i suddetti criteri per accedere alla linea di credito condizionale precauzionale. Nelle rispettive sedute del 19 giugno 2019, dedicate alle Comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno, la Camera e il Senato hanno approvato le risoluzioni 6-00076 (Nuova formulazione) Molinari, D'Uva, e 6-00065 Patuanelli, Romeo, di identico contenuto, nelle quali, tra l'altro, si impegna il Governo «in ordine alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, a non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti, e che minino le prerogative della Commissione europea in materia di sorveglianza fiscale» e a «render note alle Camere le proposte di modifica al trattato MES, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato». Inoltre, le risoluzioni hanno chiesto al Governo di impegnarsi a promuovere, in sede europea, una valutazione congiunta dei tre elementi del pacchetto di approfondimento dell'unione economica e monetaria (riforma del Trattato del MES, schema europeo di garanzia sui depositi (EDIS) e Strumento per la competitività e la convergenza della zona euro), riservandosi di esprimere la valutazione finale solo all'esito della dettagliata definizione di tutte le varie componenti del pacchetto, favorendo il cosiddetto «package approach», che possa consentire una condivisione politica di tutte le misure interessate, secondo una logica di equilibrio complessivo. Proprio con riferimento alle suddette risoluzioni parlamentari, il Presidente del Consiglio Conte ha dichiarato che l'Italia non può concedere sul fronte del MES senza ottenere anche sugli altri fronti e che, per tale ragione, al Consiglio europeo di giugno 2019 ha fatto inserire un preciso riferimento condizionante per quanto riguarda l'applicazione dell'intero pacchetto.
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