lunedì 26 aprile 2010

Crisi: Berlino, in forse aiuti a Grecia


Ministro tedesco: Atene deve attuare decisa politica di rigore

ANSA) - BERLINO,25 APR- Berlino potrebbe dire no alla richiesta di aiuti, se la Grecia non attuera' una 'decisa politica di rigore'. Cosi' Wolfgang Schaeuble. 'Il fatto che ne' la Ue, ne' il governo tedesco abbiano gia' preso una decisione, significa che questa potra' essere positiva o negativa', ha spiegato il ministro delle finanze tedesco al settimanale Bild am Sonntag. E ha aggiunto che la decisione 'dipende da Atene, dal fatto se proseguira', nei prossimi anni, nella stretta politica di rigore adottata'.


Berlino può dire «no» alla Grecia
«Ha diritto di bloccare il piano». Westerwelle: niente assegni in bianco. Attesa per la riapertura dei mercati


Berlino può dire «no» alla Grecia - da Il Corriere della Sera

«Ha diritto di bloccare il piano». Westerwelle: niente assegni in bianco. Attesa per la riapertura dei mercati

BERLINO— Venti gelidi sul piano di aiuti finanziari alla Grecia. Dalla Germania prima di tutto ma anche dalla Francia. E, addirittura, una prudenza finora non vista, dalla Commissione Ue. Ieri, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, considerato il componente più europeista del governo, ha affermato senza esitazioni la linea dura con Atene. Al contrario di quanto nella maggior parte delle capitali europee e soprattutto a Bruxelles si sostiene da giorni, ha detto che il piano di aiuti da 30 miliardi dell’Unione europea non è per nulla stato deciso e non è scontato. «Il fatto che né la Ue né il governo tedesco abbiano preso una decisione significa che la risposta (alla richiesta greca di erogazione dei fondi, ndr) può essere positiva così come negativa ». Tutto dipende, ha aggiunto, da come Atene saprà rispettare il suo piano di austerità finanziaria.

Una posizione che tiene aperta una scelta che nei giorni scorsi l’Ue insisteva a sostenere fosse già chiusa e definita, con i termini del pacchetto di aiuti stabiliti. Anche da Bruxelles, invece, un portavoce della Commissione ieri ha voluto confermare che la Germania può, se lo vuole, bloccare il piano. Niente è scritto, insomma. A conferma, da Parigi la ministra dell’Economia Christine Lagarde ha suonato una musica altrettanto dura. «Nel caso di un default dei pagamenti— ha sostenuto—metteremo immediatamente il pedale sul freno». L’irrigidimento di Germania e Francia è in buona parte dovuto ai dubbi che—dopo che venerdì scorso Atene ha chiesto l’attivazione della procedura dalla Ue e dal Fondo monetario —stanno emergendo sull’adeguatezza del pacchetto previsto, in tutto 45 miliardi: probabilmente non sarebbe sufficiente a evitare una catastrofe finanziaria. Ieri, in Germania circolavano cifre che parlavano di un’esigenza di 90 miliardi entro il 2011 e di 270 miliardi in cinque anni per evitare che la Grecia dichiari default o passi a una ristrutturazione del debito, cioè decida di ripagare i creditori in una percentuale minore — negoziata o imposta — di quella dovuta.

Aiutando la Grecia, insomma, i governi europei affrontano un rischio superiore a quello immaginato fino a pochi giorni fa e questo è politicamente difficile da fare passare nelle opinioni pubbliche. La Germania, in particolare, terrà una tornata elettorale molto importante il 9 maggio nel Nord Reno Westfalia, un’elezione nella quale il prestito alla Grecia, osteggiato dalla maggioranza dei tedeschi, è un forte tema politico. Il governo di Angela Merkel, dunque, fa la faccia aggressiva anche per non perdere consensi. La stessa cancelliera aveva tre giorni fa sostenuto posizioni simili a quelle di Schäuble. E ieri il ministro degli Esteri Guido Westerwelle ha detto che la Germania non farà «alcun assegno in bianco alla Grecia», cioè non sborserà nulla se non avrà garanzie che il denaro prestato non sarà rimborsato in toto. Nella linea dura tedesca, però, c’è anche molto di più di una preoccupazione elettorale. Innanzitutto, fonti del parlamento di Berlino sostengono che i consiglieri legali del governo sono preoccupati dal fatto che i rendimenti dei titoli di Stato decennali greci la settimana scorsa siano saliti quasi al 9%: molto sopra il 5% al quale gli aiuti europei alla Grecia dovrebbero essere emessi. È difficile — dicono gli esperti — sostenere che una differenza di quasi il 4% a favore di Atene rispetto ai tassi di mercato non sia da considerare salvataggio, cioè qualcosa di vietato dal Trattato di Maastricht. Se la situazione dovesse permanere, dunque, i ricorsi alla Corte costituzionale tedesca per bloccare gli aiuti ad Atene perché contrari a Mastricht — già annunciati — a v r e b b e r o qualche buona chance. Sarebbe un disastro politico per Berlino, ma anche per la Ue. Oltre a questo, la cancelliera e gran parte dei ministri continuano a pensare che la crisi abbia aperto una falla nella struttura di governo dell’euro che non sarà affatto chiusa da versamenti nelle casse di Atene. Dieci anni dopo la nascita della moneta unica, constatano che l’architettura posta in essere permette che nella zona euro si creino divergenze economiche e finanziarie destinate a creare crisi fatali. Quella della Grecia sarebbe solo la prima. Meglio affrontare la situazione subito, a costo di sacrificare Atene — dicono molti suoi alleati — che lasciare che la falla si allarghi e diventi ingestibile. Anche questa una strada rischiosa. Ma non più di tutte le altre, pensano a Berlino. E più seria.

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