mercoledì 21 novembre 2018

SOCIETA' IN HOUSE : SOGGETTE O NO ALL' APPLICAZIONE DELL' IVA ?


L'ASSESSORE DAMIANO MORELLI PARLO' DI VANTAGGI DALLA ESENZIONE IVA CON LA STS ASP


E' motivo di contendere l'argomento. Io non ne capisco nulla e , contrariamente ad altri, ho cercato di capirci qualcosa cercando sul web. Ma sicuramente avrò scelto le indicazioni sbagliate !


FISCO OGGI

Affidamento in house non c’è esclusione dall’Iva

Riscossione dei tributi senza imposta solo se è direttamente il Comune a svolgere l’attività. Regime di esenzione per i pagamenti “in transito”, a prescindere dall’operatore


L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 56/E del 30 maggio, fornisce alcuni chiarimenti in merito al trattamento Iva relativo all’attività di riscossione e pagamento delle imposte. L’intervento si è reso necessario in seguito all’evolversi della disciplina e, in particolare, alle modifiche apportate dall’articolo 38 del Dl 179/2012, agli articoli 4 e 10 del Dpr 633/1972 (“decreto Iva”).

Per semplificare e introdurre l’argomento, possiamo intanto dire che sono tre le problematiche affrontate e, di conseguenza, tre i dubbi risolti:
 
  • l’eventuale esenzione Iva per il servizio svolto da società a capitale interamente pubblico (società in house), partecipate dagli stessi enti impositori per conto dei quali agiscono

  • gli ambiti operativi dell’attività di riscossione e conseguente imponibilità

  • esenzione per le operazioni connesse al pagamento delle imposte.
Prima di scendere nello specifico, c’è da dire che le nuove regole e, tra queste, l’abolizione dell’esenzione d’imposta per la riscossione dei tributi, è conseguente al recepimento dei principi indicati nella direttiva Ce del 28 novembre 2006, n. 112.

Società ed ente locale, due soggetti distinti

Il primo interrogativo a cui la risoluzione risponde riguarda l’esenzione Iva relativa all’attività di riscossione (articolo 4, quinto comma, del Dpr 633/1972) nel caso essa sia svolta da società in house ovvero con capitale interamente pubblico, partecipate da enti locali per i quali lavorano.

Già dalle prime righe, il documento chiarisce che tali aziende mancano del requisito soggettivo, richiesto dall’articolo 13 della direttiva Ce 112/2006, per beneficiare dell’agevolazione. Le operazioni in questione, infatti, non sono, imponibili soltanto se effettuate direttamente dagli enti impositori. Viceversa, le società che svolgono il servizio per conto di quest’ultimi, anche se controllate al 100%, rappresentano imprese commerciali e soggetti giuridicamente distinti.

Tale interpretazione è supportata da numerosi doc
umenti di prassi, nonché dalla disciplina e dalla giurisprudenza comunitaria. Né la questione, di carattere strettamente tributario, può essere mutuata dal diritto pubblico e in particolare dalla normativa e dalla giurisprudenza riguardanti gli appalti, che equiparano, in certi casi, queste società agli enti pubblici.

Focus sulle attività imponibili

Cancellata l’esenzione e modificato l’articolo 10, primo comma, n. 5, del Dpr 633/1972, l’Agenzia precisa che sono diventate imponibili tutte le attività connesse alla riscossione di entrate tributarie e patrimoniali di enti pubblici o privati.
Di conseguenza, partendo dal presupposto che lo schema operativo seguito è sempre lo stesso, la risoluzione individua come imponibili, tra gli altri, i compensi percepiti per la gestione di ruoli e liste, la notifica di cartelle e avvisi di pagamento, la ricezione di pagamenti, il riconoscimento di eventuali dilazioni o sospensioni, l’esecuzione forzata della riscossione, senza fare alcuna distinzione, mette in chiaro la risoluzione, tra riscossione coattiva e riscossione spontanea.


Niente Iva per il tributo solo in transito

Ancora sotto i riflettori, per il terzo chiarimento, il novellato articolo 10 del Dpr 633/1972 (combinato disposto dei numeri 1 e 5 del primo comma), che fa esenti i corrispettivi ricevuti per operazioni di pagamento delle imposte o altri tipi di entrate (come il canone Rai e bollo auto), effettuate “a norma di specifiche disposizioni di legge, da aziende e istituti di credito” per conto dei contribuenti.
Qui il dubbio poteva nascere dai margini ristretti che, in apparenza, presenta la norma, indicando tra i soggetti coinvolti dall’esclusione soltanto “aziende e istituti di credito”.
In realtà, per l’Agenzia delle Entrate, l’esenzione si riferisce alle operazioni e non agli operatori che le compiono che, naturalmente, devono essere però abilitati al servizio.
In particolare, a sostegno di tale conclusione, la risoluzione ricorda l’articolo 135 della direttiva 112/2006, “le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni ed altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero dei crediti”, e la decisione con la quale la Corte di giustizia Ce chiarisce che tali attività sono esenti anche se non realizzate da una banca: “l’esenzione non è soggetta alla condizione che le operazioni siano effettuate da un certo tipo di istituti di credito, da un certo tipo di persona giuridica o, in tutto o in parte, in una determinata maniera, elettronica o manuale”.

Tornando alla normativa nazionale, in armonia con la linea Ue, l’articolo 10 considera esenti, tra l’altro, “le dilazioni di pagamento, le operazioni, compresa la negoziazione, relative a depositi di fondi, conti correnti, pagamenti, giroconti, crediti e ad assegni o altri effetti commerciali, a eccezione del recupero dei crediti (…) e il servizio bancoposta” e la circolare 205/2001 precisa che anche i connessi servizi informatici utilizzati per eseguire tali movimenti non scontano l’Iva.
In definitiva, l’imposta non si applica quando il servizio riguarda un mero transito di mezzi finanziari, a prescindere dall’operatore incaricato.

In pratica, sono esenti i corrispettivi ricevuti per i servizi di versamento effettuati tramite modello F24 e F23, gli eventuali diritti o commissioni percepiti in relazione al pagamento di altre entrate (canone Rai, tassa automobilistica regionale, eccetera), anche se riscossi non da istituti di credito ma da agenti della riscossione, uffici postali, tabaccai, Aci o altri intermediari autorizzati.
L’esenzione viene meno e l’aliquota è quella ordinaria (risoluzione 25/2003) se il corrispettivo è unico e cumulativo per più servizi, alcuni dei quali imponibili, come la riscossione, l’accertamento o la liquidazione di tributi. In tal caso, l’Iva è dovuta e va calcolata sull’intero compenso.
Anna Maria Badiali
pubblicato Venerdì 30 Maggio 2014



Commissione di Studio UNGDCEC Enti locali


1. INTRODUZIONE In questo studio si vuole affrontare la problematica in cui si imbatte, sovente, il Revisore nel momento in cui si trova a dover ripercorrere il meccanismo di formazione del credito Iva annuale della Società partecipata, o Azienda speciale. La disamina assume, tra l’altro, una particolare importanza, alla luce del d.l. 78/2009, che prevede, a partire dal 1 gennaio 2010, il visto di conformità di un professionista o la sottoscrizione della dichiarazione Iva da parte dall’organo di controllo, nel caso in cui l’Ente intenda procedere con compensazioni Iva superiori a € 15.000. L’analisi sarà svolta dal punto di vista della società partecipata/azienda speciale e l’attività a questa affidata dall’Ente locale socio, che può riguardare i più svariati settori, la gestione di servizi pubblici locali, ma non solo; l’espletamento di servizi di rilevanza economica e dei servizi privi di rilevanza economica (art 113 e 113bis, TUEL). La legge prevede che il rapporto tra l’affidatario (società partecipata/azienda speciale) e l’Ente locale sia necessariamente regolato da un “Contratto di Servizio” ed è dall’analisi di tali disposizioni contrattuali che il revisore deve partire. Ai fini del presente lavoro, si prenderà in considerazione la casistica che ha prodotto pronunciamenti discordanti in giurisprudenza, sfociati anche in interpelli, e sollevato indicazioni discordanti da parte dell’Amministrazione finanziaria; vale a dire i casi in cui i mezzi finanziari necessari per l’erogazione dei servizi non provengono integralmente dal prezzo pagato degli utenti finali, ma dalla corresponsione di somme di denaro da parte dell’amministrazione pubblica, sotto forma di un’integrazione al corrispettivo, totale o parziale, in presenza di un rapporto sinallagmatico, o mancando questo, a titolo di mero trasferimento di somme di denaro, anche sotto forma di contributi in c/esercizio.   

TRATTAMENTO IVA DEI CONTRIBUTI EROGATI DALL’ENTE LOCALE ALLA SOCIETÀ/AZIENDA SPECIALE 

Prima di passare ad analizzare le problematiche fiscali, occorre chiarire il significato di “Contratto di Servizio”. Questo è previsto dal TUEL in riferimento a servizi delegati a società od aziende speciali; in particolare all’art 114 c. 8 del TUEL specifica che lo stesso è l’atto in cui vengono disciplinati i poteri di indirizzo, di controllo e di intervento del comune verso l’Azienda speciale. Nel Contratto di Servizio se pur non previsto, è bene che vengano chiaramente specificati i rapporti finanziari intercorrenti tra l’Ente e la società partecipata/azienda speciale e la natura di tali rapporti anche da un punto di vista fiscale, al fine di evitare l’insorgere di dubbi interpretativi che potrebbero portare a controversie in seguito ad accertamenti da parte dell’autorità competente. Tanto premesso cominciamo la nostra analisi ponendo l’attenzione sulle problematiche connesse al trattamento Iva delle entrate riconosciute dall’Ente locale alla Società Partecipata/Azienda Speciale erogante il servizio. Successivamente si potrà analizzare il risvolto che questo ha sulla detraibilità dell’Iva assolta sugli acquisti. Al fine di inquadrare il corretto trattamento Iva delle somme in questione, bisogna analizzare quale sia la natura delle entrate riconosciute dall’Ente locale alla Società Partecipata/Azienda Speciale. Queste potranno, infatti, essere suddivise in: 1) entrate con natura integrativa del prezzo corrispettivo; 2) entrate con natura contributiva che a loro volta potranno essere erogate: a) a fronte di uno specifico servizio; b) per compartecipazione alla copertura dei costi sociali; c) a copertura del disavanzo. Come sopra specificato, il trattamento Iva delle entrate dipende dalla natura delle stesse e da come le stesse sono regolamentate nel “Contratto si servizio”.  

1) Nel primo caso, se il “Contratto di Servizio” prevede che l’Ente locale corrisponda alla società/azienda speciale delle somme di denaro a titolo di integrazione delle tariffe, rette, o quote, magari per favorire una particolare categoria di utenti, si ricadrà sicuramente nell’art. 13, comma 1 del DPR n. 633/72, ovvero quali integrazioni al corrispettivo formeranno una base imponibile ai fini Iva e saranno trattati alla stregua della prestazione a cui si riferiscono. 

2) Più incerto è, invece, il trattamento Iva nel caso in cui l’erogazione da parte dell’Ente locale alla società partecipata/azienda speciale assume una natura contributiva. Nel caso specificato al punto 2a), si potranno avere diversi profili Iva che dipenderanno, appunto, da ciò che è stato pattuito nel “Contratto di Servizio”; se questo prevede uno specifico impegno dell’Ente locale ad erogare delle somme alla società/azienda speciale a fronte di un obbligo di fare da parte di quest’ultima, si crea quel rapporto sinallagmatico tra entrata e prestazione (in particolare, quando l’erogazione è parametrata alla prestazione resa dalla società/azienda speciale all’utente finale della prestazione) che prefigura un’attrazione delle entrate, derivanti dai contributi erogati dal Comune, al campo di applicazione Iva. Come chiarito in varie circolari dell’Agenzia delle Entrate, da ultima la n. 61/E del 11 marzo 2009, infatti, “Per l’applicazione del tributo, occorre, quindi, che sussista un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive intercorrente fra l’ente erogatore e il soggetto beneficiario, nell’ambito del quale il finanziamento assuma carattere di corrispettivo per una cessione di beni o una prestazione di servizi”; quindi qualora manchi lo stretto nesso contrattuale tra la prestazione e il contributo, questo ultimo ricadrà nelle prestazioni escluse si sensi dell’art 2 comma terzo lett. a) del D.P.R. 633/72, in quanto assimilabile alle mere movimentazioni di denaro, quale fornitura del capitale per il finanziamento del servizio da rendere. Lo stesso ragionamento vale anche nel caso di contributi previsti a copertura dei “costi sociali” come definiti dal TUEL (2b). Anche in questo caso, infatti, occorre rimandare alle disposizioni del “Contratto Di Servizi”, e analizzare se la copertura a tali costi è intesa nello specifico come integrazione al corrispettivo, o se trattasi di impegno genericamente assunto dall’Ente locale (trasferimenti); anche considerando che le Aziende Speciali, ai sensi dell’art. 114 comma 4 del TUEL, hanno l’obbligo di pareggio del bilancio. A nulla rileva, quindi, il fatto di prevedere il contributo dell’Ente locale nel bilancio previsionale non potendo lo stesso configurarsi come  corrispettivo per il solo fatto di essere inserito preventivamente nel bilancio. In molte occasioni, infatti, i contributi erogati dall’Ente non hanno assolutamente la funzione di corrispettivo per l’attività svolta dal soggetto percipiente ma assolvono la funzione di fornire le fonti di finanziamento per poter svolgere il servizio; questo è tanto più vero, poi, nei servizi di pubblica utilità, quali lo spettacolo o la cultura. Nessun dubbio invece pone l’ultima ipotesi (2c): qualora il contributo intervenga a copertura di un deficit di bilancio, lo stesso non potrà mai avere rilevanza ai fini Iva. 

3. EFFETTI SULLA DETRAIBILITA’ DELL’IVA IN CAPO ALLA SOCIETA’ PARTECIPATA/AZIENDA SPECIALE

Dopo l’analisi sull’imponibilità Iva delle somme erogate dall’Ente alla società partecipata/azienda speciale, occorre valutarne, ora, l’effetto sulla detraibilità o meno dell’Iva pagata sugli acquisti in capo a questa. In merito l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata diverse volte assumendo posizioni non sempre coerenti: in alcuni casi negando la detraibilità Iva ed in altri riconoscendo la detraibilità piena. Nello specifico con le Risoluzioni 77/E e 150/E del 1999 l’Agenzia ha riconosciuto la detraibilità piena, per poi negarla con le Risoluzioni 183/E del 2002, 42/E del 2004, 100/E 2005 e di nuovo ammetterla con la Risoluzione 46/E del 2007 in un caso di contributi erogati per impianti fotovoltaici dove si riportava “…. Si ritiene, conformemente all’orientamento espresso anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ai fini della detrazione sia ininfluente la circostanza che l’acquisto o la realizzazione dell’impianto benefici dell’erogazione della tariffa incentivante, non rilevante ai fini dell’IVA”. Con la sentenza emessa il 6 ottobre 2005 la corte di Giustizia ha rilevato che, non essendovi nel diritto comunitario alcuna previsione normativa che limiti la detraibilità dell’Iva assolta sull’acquisto di beni o servizio finanziati mediante sovvenzioni, gli stati membri non possono discostarsi dalle disposizioni comunitarie, introducendo limitazioni del diritto di detrazione diverse da quelle previste dalla Direttiva.  Quindi, qualora il contributo sia inquadrabile quale fonte finanziaria per lo svolgimento del servizio pubblico, esso non andrà mai ad inficiare la detraibilità dell’Iva sugli acquisti come analizzeremo meglio di seguito. Una particolare notazione merita poi il caso di servizi condotti per mezzo di Aziende Speciali di cui all’art 4, quarto comma del DPR 633/72. Per tali soggetti, ai sensi dell’art 19 ter del DPR 633/72, la detraibilità, qualora gli stessi svolgano principalmente attività non commerciali, spetta soltanto previa redazione di una contabilità separata per l’attività commerciale sussidiaria ed accessoria. Tale contabilità separata non sarà invece necessaria quando l’attività principale dell’Azienda Speciale sia proprio quella commerciale, come confermato dalla Cassazione con sentenza 7145 del 25 maggio 2001.

 4. ANALISI DEI SINGOLI CASI POSSIBILI 

Come visto pocanzi, l’analisi del profilo tariffario agevolativo previsto per l’utenza è fondamentale per capire qual è il contesto economico-finanziario dell’azienda erogatrice e per individuare un meccanismo fisiologico di formazione del credito Iva. Il profilo tariffario può andare da alcun corrispettivo versato dall’utenza, come nel caso delle prestazioni gratuite (agevolazione totale, AT), ad un corrispettivo versato che copre parzialmente i costi di gestione (agevolazione parziale, AP). Ma ciò che più rileva per verificare la formazione e la legittimità del credito Iva, è l’analisi del regime Iva della prestazione resa (imponibile PI, esente PE, esclusa PS) che, anche in assenza di fatturazione, può in ogni caso essere rilevata, essendo sufficiente la circostanza che dei servizi sono stati comunque erogati. Le combinazioni che costituiscono il campo di osservazione sono, quindi, le seguenti: (AT, PI), (AT, PE), (AT, PS), (AP, PI), (AP, PE), (AP, PS). Le prime tre combinazioni (AT, PI), (AT, PE), (AT, PS) appartengono alle cosiddette “operazioni non fatturate”; in un quadro economico così delineato, dati i costi gestionali, l’Iva pagata sugli acquisti da parte dell’azienda di erogazione supera, sicuramente, l’ammontare di Iva riscossa in via di rivalsa, per il semplice fatto che non è stata riscossa alcuna Iva. Tale risultato va poi incrociato con il trattamento ai fini Iva riservato alle somme erogate dal Comune all’Ente Gestore, come specificato nel paragrafo 2., che determina un abbassamento del dislivello tra l’ammontare dell’Iva a credito, originata dalle operazioni di acquisto e l’ammontare dell’Iva a debito, originata da quelle operazioni attive, caratterizzate da un rapporto sinallagmatico tra Comune ed Ente. Posta l’esistenza di un dislivello Iva, più o meno rilevante, il Revisore si trova ad affrontare un’altra questione a tutt’oggi oggetto di dibattito; citiamo solamente l’ultimo documento di prassi, la risoluzione n. 61/E dell’11 marzo 2009, rimandando tutta la cronologia e la giurisprudenza esistente all’appendice bibliografica. Posto che l’art. 19 del DPR 633/97 cita “non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto, o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti, o comunque non soggette all’imposta”, il Revisore che dovrà porre il visto sulla dichiarazione Iva si dovrà chiedere: è lecito, appunto, portare in detrazione l’Iva pagata sugli acquisti effettuati dall’Ente gestore? Il “rischio” della rettifica Iva, da parte dell’Amministrazione finanziaria, potrebbe avere una connotazione rilevante, in quanto suscettibile di sollevare sospetti, soprattutto allorquando, siamo difronte a: ƒ nessuna prestazione fatturata agli utenti finali; ƒ si verifica il caso “particolaristico” in cui le somme ricevute dal Comune sono assimilabile alla mera cessione di denaro, escluse dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 2, terzo comma lettera a) del DPR 633/72. L’Agenzia conclude la risoluzione 61/E dell’11 marzo 2009, affermando che la detraibilità dell’Iva sugli acquisti va verificata in relazione alla tipologia di prestazione/attività svolta dall’Ente Gestore, in qualità di cedente, o prestatore, a prescindere dalla circostanza che questo sia destinatario di un contributo. Vale a dire che l’imposta è detraibile se gli acquisti di beni e servizi, finanziati attraverso la modalità sopra esposta, sono utilizzati per effettuare ulteriori operazioni che a loro volta danno diritto alla detrazione, cioè sono utilizzati per porre in essere operazioni imponibili. Commissione di Studio UNGDCEC Enti locali 8 Quindi, nel caso della nostra azienda di erogazione, delle tre possibili combinazioni (AT, PI), (AT, PE), (AT, PS), solo lo scenario (AT, PI) dà diritto alla detraibilità totale dell’Iva sugli acquisti e quindi legittima la compensazione del credito Iva così formato. Nel caso dello scenario con operazioni esenti (AT, PE), ne sono un esempio l’attività di formazione, la gestione di asili nido ecc., la detraibilità dell’Iva sugli acquisti afferenti, se trattasi dell’unica attività esercitata, non sarà consentita,. Nel caso l’azienda eserciti più di un’attività, e le altre siano imponibili, sarà possibile portare totalmente in detrazione l’Iva pagata, optando per la separazione delle attività ai fini Iva, ai sensi art. 36 DPR 633/72. Nel caso delle operazioni non soggette (AT, PS), va osservato che il DPR 633/1972 non ci dice quali siano le “operazioni non soggette”; sicuramente a fronte di operazioni attive non soggette non sarà possibile portare in detrazione l’Iva sugli acquisti e quindi non vi sarà Iva a credito da portare in compensazione. 

Il DPR 633/72, all’art. 2, comma 3, lettera a) si limita a dire che non sono considerate cessioni di beni quelle cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro. È da ritenersi, pertanto, che il ricevimento di un contributo avente le caratteristiche di cui sopra (mera cessione di denaro), non possa configurarsi come operazione attiva, caratterizzante l’attività del soggetto che lo riceve, per il semplice fatto che attiene alla funzione finanziaria e non a quella produttivo – commerciale -ambito di applicazione del meccanismo Iva- il quale, ai fini della detrazione, sposta il focus sul concetto di afferenza tra le operazioni di acquisto a monte e quelle di cessione a valle. Tale orientamento, come detto, è stato confermato anche dalla Corte di Giustizia Europea Date le premesse non interesserà sapere se la deroga all’indetraibilità per le cessioni di denaro espressamente prevista dal comma 3, lettera c) dell’art. 19 del DPR 633, che richiama l’art. 2, comma 3, lettera a) dello stesso, è applicabile al soggetto che eroga il contributo, o a quello che lo riceve. In ogni caso, l’Amministrazione finanziaria con la R. 16 marzo 2004 n. 42/E ha ribadito che la deroga si applica al soggetto che eroga il contributo. Ipotizzando che la cessione di denaro sia un’operazione a valle di questo soggetto avremo comunque, per espressa previsione normativa,  un’Iva detraibile sugli acquisti. Si ritiene che la logica sottesa a tale deroga debba essere rintracciata nella presa d’atto che si sta attivando un mero ciclo finanziario, che non va ad intaccare quello produttivo-commerciale. Nel caso in cui le somme di denaro ricevute dal Comune hanno una natura di corrispettivo, totale o parziale, dei servizi resi dall’Ente gestore all’utenza finale (presenza di sinallagma) avremo configurato un’operazione attiva, che assumerà il trattamento fiscale Iva previsto dalla normativa (non imponibile art. 9, Iva 4%, 10%, esente ecc). In questo caso il circuito finanziario viene sostituito da un ciclo produttivo-commerciale, con regole di detraibilità dell’Iva bene note. Passando infine ad analizzare, le altre tre possibilità del campo di osservazione (AP, PI), (AP, PE), (AP, PS), vale a dire quelle dell’agevolazione tariffaria parziale, il Revisore si troverà di fronte a delle operazioni attive fatturate per le quali non si dovrà neanche fare lo sforzo di andare ad esplicitarne l’imponibilità, o la non imponibilità. La logica che conduce alla detrazione o meno dell’Iva sugli acquisti è la stessa fin qui delineata. In questa ipotesi la formazione dell’Iva a credito scaturisce dal bilanciamento tra l’Iva pagata sugli acquisti e quella riscossa in via di rivalsa. 


CC 16 11 18   STS 10 - Le risposte dell' Assessore CLAUDIO GORI

Risposta a DON LELLO PAGNOZZI IL CONFESSORE sull' esenzione IVA e a DONNA LUCIA sulle informazioni. Ma è la risposta alla ZARINA sulle MANI SULLA CITTA' che appare come coltello affondato nel burro delle MAGNERIE del passato.


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